Vai al contenuto principale Vai al footer

Michela Tinazzi, Head of Market Development, intervista l’avv. Giovanni Briola di Milano; il prof. Andrea Camaiora, founder di “The Skill” ed esperto in “crisis and litigation PR”; Mattia Fasoli, Responsabile Prodotti di DAS assicurazioni.

“Non può tacersi che, nell’attuale società mediatica, l’opinione pubblica tende ad assumere come veri i fatti rappresentati dai media, se non immediatamente contestati. La verità mediatica si sovrappone, infatti, alla verità storica e si fissa nella memoria collettiva con un irrecuperabile danno all’onore”; (Cassazione, sentenza n. 6827).

La reputazione è, oggi, il più grande capitale di cui disponiamo.

Il tema che trattiamo riguarda la difesa dell’immagine reputazionale di un professionista e si rivolge soprattutto agli imprenditori, al mondo delle partite IVA, ai liberi professionisti, ai manager che ricoprono posizioni apicali in azienda.

È da tenere presente che, con la riforma penale più recente (decreto legislativo 231), anche l’azienda ha un proprio profilo reputazionale da difendere e, per converso, può essere accusata di danno reputazionale e può essere processata.

L’argomento è di forte attualità poiché da tempo si parla di “processo mediatico” soprattutto con riguardo al web, ai social network e a quanto compare in essi. Troppe volte abbiamo assistito ad un dibattito processuale che si svolge in internet: un caso mediatico-giudiziario, in cui una persona viene attaccata preventivamente senza possibilità di difesa, passando rapidamente da accusato a vittima.

Il tema non è nuovo poiché la diffamazione (che nel tempo ha assunto veste e forme nuove) può avvenire anche con i canali tradizionali, dalla carta stampata alla televisione e sempre con le medesime modalità: la “gogna mediatica”, che espone alla berlina un soggetto, prescindendo da un regolare processo, da una regolare accusa, anticipando tutti gli effetti punitivi di una condanna che, sovente, viene smentita dall’esito delle indagini o dell’istruttoria dibattimentale.

Esistono degli strumenti preventivi che possano tutelare un manager, un imprenditore ed evitare loro di essere esposti ad un processo mediatico-giudiziario o subire un danno all’immagine e alla reputazione?

La risposta è affermativa ed è necessario distinguere tra singolo professionista individuale e impresa. Per entrambi, si tratta di affermare un proprio codice etico di condotta, di valori, di integrità nei comportamenti che, di fatto, riducano la possibilità di essere esposti o coinvolti in processi mediatici soprattutto da parte della stampa. Per le imprese, questo aspetto è ancora più strutturato poiché è previsto che vengano adottate delle “policy”, ossia delle procedure interne che guidano la condotta dei manager nelle relazioni con i media, con la magistratura, con tutti gli attori sociali con i quali l’impresa interagisce.

Nel mondo anglosassone si parla di “trust” per indicare il reciproco, vicendevole affidamento con cui imprese, clienti e fornitori si relazionano nella conduzione negoziale di trattative ed affari.

Etica d’impresa, marketing e comunicazione sono temi strettamente correlati ed esistono anche delle modalità precise per trasmettere all’esterno i valori di cui un’impresa o un imprenditore sono portatori.

Che cosa fa un esperto di “litigation PR”?

Le “Litigation Public Relations” (Litigation PR) sono attività giornalistiche e di relazioni pubbliche finalizzate alla gestione del processo di comunicazione nel corso di procedimenti giudiziari o di controversie legali.

Si tratta di un insieme di attività che hanno lo scopo di influire sull’impatto che una vicenda giudiziaria ha sulla reputazione di una persona o di una società operando in modo complementare con la tempistica processuale.

In effetti, la dimensione giudiziaria e la dimensione mediatica sono destinate ad intrecciarsi reciprocamente e a condizionarsi a vicenda: gli anglosassoni (perché la materia nasce negli Stati Uniti), con il termine “controversia” (litigation), non intendono riferirsi soltanto al processo, ma a qualunque “crisi” di collaborazione tra soggetti destinata ad avere un clamore mediatico.

Si assiste ad un paradosso in Italia, che in parte sconfina anche nell’uso eccessivo degli strumenti di carcerazione cautelare: quello di un processo preventivo condotto dalla stampa, che aderisce alle tesi accusatorie, con la conseguente criminalizzazione dell’accusato; salvo, poi, concludersi il processo con un’assoluzione dell’imputato. Ebbene, il paradosso consiste nell’insurrezione dell’opinione pubblica alla notizia che, quell’imputato, è stato assolto dai giudici, dimenticando che il processo (accusatorio e non inquisitorio) è stato celebrato proprio per verificare la fondatezza delle tesi di colpevolezza sostenute dalla magistratura inquirente.

“Assolto perché il fatto non sussiste”: è la formula assolutoria più ampia possibile, ma quale danno reputazionale è stato nel frattempo provocato?

I tempi della magistratura sono noti; sei anni per giungere ad una sentenza di assoluzione con formula piena; nel frattempo, vite rovinate, famiglie spezzate, carriere lavorative e professionali compromesse. Non dobbiamo pensare che queste vicende interessino solo i grandi imprenditori o gli uomini politici. Anche singoli lavoratori, piccoli imprenditori e piccole aziende possono subire questo pregiudizio. Gli analisti stimano che il 30% del valore di un’impresa consista esclusivamente nel “brand”: cosa accade quando questo brand viene danneggiato?

Un maestro elementare accusato di maltrattamenti; alcuni lavoratori accusati di truffa ai danni dell’azienda per cui lavoravano; un geometra imputato per frode edilizia ai danni del comune in occasione della ricostruzione post terremoto: tutti assolti.

Distruzione della reputazione e giustizia a senso unico oppure viene celebrato un processo sui social prima ancora che in un’aula di giustizia: il “litigation PR” consiste in una squadra di comunicatori che affiancano gli avvocati per elaborare delle strategie di contrappeso, offrendo un “ombrello” intorno alla persona accusata ed esponendo alla stampa delle contro argomentazioni alle tesi accusatorie.

Qual è il confine che separa l’esposizione di un’opinione, il legittimo diritto di critica, di cronaca e di informazione dal reato di ingiuria e di diffamazione?

La Corte di Cassazione ha meglio precisato l’ambito di operatività dell’art. 595 Cod. Pen. (diffamazione a mezzo stampa), in particolare individuando tre parametri che devono essere rispettati affinché la libera esposizione di un pensiero critico non sconfini nella diffamazione:

  • verità: rispettare le circostanze e i fatti reali (all’opposto di ciò si collocano le c.d. “fake news”);
  • pertinenza: limitarsi a soddisfare l’interesse pubblico della conoscenza;
  • continenza: la narrazione dei fatti deve essere formalmente corretta ed obiettiva;

Quali sono le sinergie che intercorrono tra il comunicatore di litigation PR e l’avvocato?

La scelta dell’avvocato è molto importante. Anche l’avvocato, con la sua dichiarata fama ed esperienza consolidata, contribuisce alla costruzione della reputazione e dell’affidabilità del cliente indagato o processato. La prima cosa da fare è, quindi, quella di affidarsi al professionista giusto perché la reputazione di cui gode quest’ultimo si riflette inevitabilmente sull’immagine del soggetto interessato dal processo mediatico.

Il comunicatore di litigation PR accompagna la cronaca giudiziaria tutelando la posizione della difesa o della parte civile, rendendo noto il punto di vista del cliente, ma senza attaccare o screditare magistrati ed inquirenti. È importante dare una tutela comunicativa preventiva per difendere la reputazione del soggetto indagato. Occorre, poi, intervenire successivamente per un recupero totale della reputazione ingiustamente offuscata.

Come può una polizza di tutela legale intervenire a favore di una persona coinvolta nel processo mediatico?

Una polizza di tutela legale rimborsa all’assicurato delle spese che sono impreviste e, sicuramente, la sottoposizione ad un procedimento penale e ad un processo è il massimo dell’imprevisto, per serietà e complessità, che può capitare ad un assicurato.

Come DAS, abbiamo ragionato sulla possibilità di allargare l’elenco di queste spese, comprendendo anche quelle relative al c.d. “processo mediatico”. Tutto ciò muove dall’osservazione della frattura esistente tra i tempi della giustizia penale e la velocità con la quale si consuma il “processo mediatico” in quanto il mondo dei social, delle testate on line, dei media conosce dei ritmi diversi dettati dal fatto di doversi nuovamente alimentare di informazioni che creino clamore e visibilità anche ai danni della reputazione di un soggetto.

Alle spese legali e peritali coperte dalle garanzie di polizza, DAS, per il mondo dei professionisti e degli imprenditori, ha incluso anche le spese di litigation PR poiché anche queste sono funzionali al sostegno probatorio della difesa dell’assicurato al pari di una consulenza tecnica, di una perizia, di una difesa penale.

Da ultimo, non dimentichiamo l’impatto degli attacchi informatici, il cyber crime, il furto d’identità sulla reputazione e il brand di un’azienda o di un professionista. Anche su tali rischi, DAS è intervenuta con apposite coperture finalizzate a ripristinare l’identità social violata nei network, cancellando i contenuti lesivi della rispettabilità di un imprenditore.

Penalista e comunicatore operano in sinergia. L’avvocato imposta la strategia difensiva e molto dipende dalla fase in cui è chiamato ad intervenire (indagini preliminari, fase dibattimentale, appello, ecc.).

Le fake news si possono contrastare con la querela, così come si può chiedere la rettifica di una informazione scorretta. Purtroppo, Mani Puliti, ha amplificato alcuni aspetti distorsivi del sistema giudiziario italiano, dall’uso eccessivo della carcerazione preventiva, all’uso della stampa come strumento di pressione sull’indagato.

Il comunicatore di litigation PR prende atto dell’attività del penalista e lo affianca nel comunicare con la dovuta visibilità, ad esempio, l’avvenuta assoluzione dell’imputato, per ricordare all’opinione pubblica che il fatto non sussisteva e che l’imprenditore è stato ingiustamente indagato.

Il comunicatore predispone delle note esplicative da diffondere per la stampa per spiegare il caso e come si sono svolti i fatti; tiene traccia delle singole notizie e dei giornalisti che hanno scritto sul caso per procedere ad una puntuale rettifica e smentita. Preparando il lavoro per le agenzie di stampa e per i giornali, il comunicatore di litigation PR assegna la giusta enfasi ad una notizia e la veicola in modo corretto tra gli organi di informazione. “Giusta visibilità” significa anche coordinare il processo di comunicazione, selezionando gli spazi e gli interlocutori, scegliere le modalità più congrue di diffusione di un’intervista per favorire il cliente, ripristinare al meglio la sua reputazione violata e facilitare l’uscita di scena dal circuito mediatico.

DASy

Ciao sono DASy!

Hai bisogno di aiuto?