Abbiamo già scritto, in un precedente articolo, come la sensibilità dell’opinione pubblica − e quindi dell’ordinamento giuridico − si sia evoluta in questi ultimi anni, implementando i servizi per il benessere degli animali d’affezione.
Il prodotto DAS in Famiglia dedica una nuova sezione delle garanzie alla consulenza veterinaria e alla prestazione di “pet sitter” per accudire al meglio l’animale domestico dell’assicurato in determinate circostanze. quando, per far menzione di un caso, impedimenti di tipo processuale obblighino il titolare della polizza a rendere testimonianza in un processo. Quest’ apertura a nuovi servizi legati al mondo degli animali domestici, non è casuale ed intercetta un’evoluzione normativa che è stata definita “One Health” ovvero “una sola salute, umana ed animale al contempo”. L’orientamento del legislatore va nella direzione di un’equiparazione progressiva della dignità di ogni essere vivente, attraverso politiche sociali e di welfare di inclusione che ne perseguano, senza distinzione, la salute e il benessere.
l’Italia ha inteso valorizzare il ruolo dell’animale domestico (e non solo di quello domestico) equiparandolo a bene pubblico meritevole di tutela da parte dell’ordinamento. In questo senso, si inserisce il recente disegno di legge presentato in Senato, che intende modificare alcuni articoli del codice penale eliminando il riferimento ai delitti contro il sentimento per gli animali e sostituendolo tout court con la locuzione “delitti contro gli animali”. L’intento del DDL è di cambiare il paradigma che ha informato l’approccio fino ad oggi: dal “sentimento” per gli animali − come percepito dalla sensibilità più avanzata dell’uomo − alla tutela degli animali in quanto tali, riconoscendoli come titolari di diritti intrinseci, come “esseri senzienti” o quasi tali. Questa evoluzione normativa, se verrà approvata, comporterà un cambiamento di approccio poiché l’esercizio della violenza contro gli animali sarà associato alle condotte penalmente rilevanti contro la società e gli individui.
Il programma “One Health” dell’Unione Europea si pone alcuni obiettivi strategici:
- promuovere la salute degli animali;
- ridurre l’incidenza di rischi biologici e chimici per l’uomo attraverso una maggiore prevenzione veterinaria;
- promuovere le pratiche di allevamento (animali da reddito, animali da compagnia, animali per fini scientifici), migliorandone il contributo sulla crescita economica, lo sviluppo sostenibile e minimizzandone l’impatto ambientale.
Sorge, però, una contraddizione: il limite del disegno di riforma sullo “status” dell’animale risiede nel fatto che non è mutato il regime normativo dello stesso. Per il codice civile (“sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”; “danno cagionato da cose in custodia”: artt. 810, 2051), il cane e il gatto, il “pet” generico, rimane una cosa mobile oggetto di diritti reali altrui come la proprietà e, in quanto tale, può essere oggetto di compravendita. L’animale, in sé, non è portatore di situazioni giuridiche soggettive autonome, ma è il destinatario di una tutela apprestata dal diritto di cui il suo proprietario (e quindi l’uomo) è il legittimo titolare.
Come osserva giustamente Gaspare Petrantoni, medico veterinario comportamentalista, la riforma delle norme penali in tema di “sentimento degli animali” ci fa riflettere su alcuni aspetti controversi che cadono in un ossimoro: l’“animale-cosa-mobile” cui si vuol riconoscere una dignità umana: «prima di produrre una norma che garantisca all’animale una reale tutela giuridica è fondamentale andare oltre la definizione dell’animale come cosa».
Un’antitesi che contrappone impostazioni di per sé inconciliabili, una contrapposizione che spetterà al legislatore dipanare.