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DIRITTI DEL CONSUMATORE: SERVIZI NEGATI A CAUSA DEL COVID

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In questo articolo andiamo a vedere quali sono i diritti del consumatore e quale è stata l’incidenza della pandemia nei rapporti giuridici e in particolare nei servizi negati a causa del covid.

La pandemia che ci ha colpito ha stravolto interamente le nostre vite, modificando abitudini e stili di vita e assumendo un ruolo cruciale nella gestione delle nostre relazioni e delle nostre attività.

È innegabile, infatti, che la nostra vita è stata condizionata dal Covid-19, anche solo indirettamente, essendoci trovati, almeno una volta, a dover modificare i nostri piani a causa della pandemia.

È lecito allora domandarsi in che modo il Covid-19 può insinuarsi nell’ambito delle nostre attività e delle nostre relazioni, ovvero quale rilevanza giuridica può assumere e quali tutele possiamo invocare.

 

INCIDENZA DELLA PANDEMIA NEI RAPPORTI GIURIDICI E CAUSA DI FORZA MAGGIORE

 

Non sempre è agevole individuare quando ci si trovi innanzi ad una condotta illecita e in che cosa essa si potrebbe concretizzare.

La condotta illecita può investire tanto la fase c.d. precontrattuale, nell’ipotesi di un’errata informazione, quanto la fase di esecuzione del contratto, nell’ipotesi di diniego di un servizio già acquistato, di una mancata esecuzione della prestazione oppure di un’esecuzione della prestazione parziale ovvero diversa da quella attesa (scarsa qualità o differente servizio).

Con riferimento ai contratti già conclusi, tra i settori duramente colpiti dal Covid-19 vi sono i seguenti: vendita di beni al dettaglio, turismo, ristorazione, trasporti, eventi (sport, teatro, cinema, matrimonio, concerti…), palestre, e molti altri ancora, tutti caratterizzati da un rapporto biunivoco tra imprenditore e utente/consumatore.

In molti si sono ritrovati con prenotazioni, biglietti per eventi o servizi di abbonamento di cui di fatto non hanno potuto godere.

Esaminando nel dettaglio queste casistiche, vertendosi nell’ambito della responsabilità contrattuale, vengono in rilievo due ipotesi in cui una parte inadempiente può andare esente da responsabilità: il caso fortuito e la forza maggiore.

Il nostro legislatore ha previsto l’esclusione di responsabilità nel caso in cui l’esecuzione della prestazione sia divenuta impossibile per “causa fortuita”, cioè un evento non imputabile al debitore (art. 1256 del Codice civile), che deve essere necessariamente qualificato come imprevedibile e inevitabile.

Sempre ai sensi del Codice (artt. 1463 e 1464), è, inoltre, possibile invocare la risoluzione del contratto, per impossibilità sopravvenuta con restituzione o riduzione del prezzo a seconda dei casi.

Possiamo affermare che, per andare esenti da responsabilità, non basta dimostrare che ci si trovi di fronte ad un evento che ha impedito l’adempimento, ma occorre dimostrare altresì che la verificazione dell’evento non sia imputabile a propria colpa e non poteva essere previsto ed evitato.

Ecco che viene in rilievo il concetto di forza maggiore.

Il concetto di forza maggiore non trova una sua definizione nel codice civile.

Possiamo dire che si parla di forza maggiore intendendo eventi naturali e umani che, per la loro impetuosità, una volta verificatisi, non possono essere contrastati. Il debitore, in questi casi, dovrà riuscire  a dimostrare che che la forza maggiore non era prevedibile e, una volta verificatasi, non era contrastabile.

In tali casi la forza maggiore può rendere l’esecuzione della prestazione impossibile, più difficoltosa o eccessivamente onerosa.

Deve ritenersi, a mio avviso, che  i provvedimenti della Pubblica Autorità (per esempio i DPCM) possano configurare a tutti gli effetti un’ipotesi di forza maggiore nel senso predetto e, in quanto tale, rappresentare una scriminante in favore del professionista.

Nel caso in cui, però, non sussista un provvedimento della Pubblica Autorità, l’incidenza della pandemia nel rapporto contrattuale deve essere vagliata caso per caso. Occorrerà, quindi, volta per volta, verificare se la pandemia possa essere considerata una forza maggiore tale da poter liberare una delle parti dai propri obblighi.

 

ESEMPI PRATICI: VIAGGI ED EVENTI

 

Nel settore dei contratti di compravendita internazionale di merci la Convenzione di Vienna all’art. 79 sotto la rubrica “Esonero” prevede che “Una parte non è responsabile dell’inadempienza di uno qualsiasi dei suoi obblighi se prova che tale inadempienza è dovuta ad un impedimento indipendente dalla sua volontà e che non ci si poteva ragionevolmente attendere che essa lo prendesse in considerazione al momento della conclusione del contratto, che lo prevedesse o lo superasse, o che ne prevedesse o ne superasse le conseguenze”, precisando tuttavia che l’esonero previsto dal presente articolo produce effetto per tutta la durata dell’impedimento. La parte che non dà esecuzione al contratto, deve avvisare l’altra parte dell’impedimento e delle sue conseguenze sulla sua capacità di esecuzione. Se l’avviso non giunge a destinazione in un termine ragionevole a partire dal momento in cui la parte che non ha dato esecuzione era a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’impedimento, quest’ultima è tenuta a dare danni-interessi a causa della mancata ricezione”.

La forza maggiore, qualora configurabile, potrà essere invocata da ciascuna delle parti: un albergatore, per esempio, potrebbe negare i propri servizi per via delle restrizioni e, dall’altro lato, un turista potrebbe legittimamente disdire la propria prenotazione richiedendo il rimborso integrale di quanto eventualmente già versato.

Eventuali clausole in senso contrario non potrebbero assumere rilevanza (nel caso di un biglietto aereo, per esempio, il rimborso opererà anche qualora acquistato in modalità “non rimborsabile”).

Stesso dicasi per il rimborso di biglietti per eventi (sportivi, teatrali, concerti, etc) annullate d’imperio da provvedimenti dell’Autorità.

Il consumatore, quindi, vanta una tutela piena di fronte a queste casistiche e ha diritto a pretendere la restituzione di quanto già versato ovvero a opporsi a eventuali illegittime richieste di pagamento per servizi di cui non potrà godere.

Venendo al caso dei pacchetti turistici, la legge italiana prevedeva già che il consumatore, in caso di cancellazione del pacchetto turistico, non debba subire alcun danno economico o pagare alcuna penale sia nel caso in cui il pacchetto venga cancellato dall’organizzatore, sia nel caso in cui la cancellazione non dipenda dall’organizzatore.

Il consumatore, quindi, vanta comunque il diritto ad esercitare la disdetta:

 

In caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione, il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, prima dell’inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto a un indennizzo supplementare”;

“L’organizzatore procede a tutti i rimborsi prescritti (…) senza ingiustificato ritardo e in ogni caso entro quattordici giorni dal recesso.

 

Il rimborso deve, pertanto, essere accreditato entro 14 giorni dalla richiesta.

L’emergenza sanitaria non può in alcun caso escludere il diritto al rimborso, ma l’impedimento deve, ovviamente, essere oggettivo(come per esempio la creazione di una zona rossa).

Discorso analogo vale in tema di voli aerei.

Qualora l’aeroporto di partenza o di arrivo si trovi in un paese dell’UE in caso di cancellazione del volo, il passeggero avrà diritto al rimborso del biglietto, laddove non gli sia stato offerto un volo alternativo, ma non potrà vantare il diritto all’ulteriore c.d. compensazione pecuniaria, in quanto l’epidemia integrerebbe a tutti gli effetti l’ipotesi di circostanza eccezionale. E’ necessario, però, che la cancellazione del volo sia stata causata da oggettive limitazioni e restrizioni alla circolazione, ben potendo il consumatore, in caso contrario, pretendere anche la compensazione pecuniaria.

In particolare, il passeggero potrà scegliere tra:

  • il rimborso entro 7 giorni, senza alcun addebito di penali o costi aggiuntivi, del prezzo del biglietto per la parte di viaggio non usufruita, oppure anche per le parti di viaggio già effettuate, qualora divenute inutili rispetto al programma di viaggio iniziale,
  • la riprotezione tramite un volo alternativo per la destinazione finale non appena possibile.

Sul punto si segnala che, in considerazione dell’impatto dell’epidemia in questo specifico settore e della straordinarietà della situazione, a fronte delle perturbazioni causate dal ripristino dei controlli alle frontiere e delle restrizioni di viaggio, la Commissione europea, non senza previi interventi delle Autorità di vigilanza competenti, è dovuta intervenire, al fine di garantire l’applicazione coerente dei diritti dei consumatori dell’UE in tutta l’Unione, prevedendo per il consumatore la possibilità di optare tra un voucher  equivalente ed il rimborso del costo del biglietto sostenuto.  Tale scelta rimane una facoltà esclusiva del passeggero, ritenendosi illegittima ogni diversa condotta in cui sia la Compagnia a scegliere per l’uno o per l’altro, finendo per optare con ogni probabilità per l’erogazione del voucher.

In definitiva, se da un lato, quindi, il consumatore ha diritto a richiedere indietro il proprio denaro per dei servizi di cui non ha goduto, dall’altro, non potrà richiedere ulteriori somme per eventuali danni subiti.

Eventuali pratiche difformi debbono considerarsi, oltreché contrari alla clausola generale prevista dall’articolo 20 Codice del consumo, altresì ingannevoli ex articoli 21 e 22 Codice del consumo.

Le condotte scaturenti da contrarie interpretazioni  potrebbero dar vita ad un indebito arricchimento da parte dell’operatore professionale, rilevante civilmente e, in taluni casi, anche penalmente, potendosi vagliare la sussistenza dei presupposti per la configurabilità del reato di truffa, oltre a rappresentare condotte denunciabili, ai sensi delle citate disposizioni, innanzi agli Organismi di vigilanza competenti in quanto pratiche scorrette.

Si segnale, rinviando la trattazione ad un successivo approfondimento, che, a rendere più complesso il quadro contribuisce anche la difficoltà con la quale in Italia sia possibile accedere a tecniche di tutela di massa per i consumatori (class action).

 

Di Avv. Luigi Randazzo; Studio Gierrelex

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