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COLPA GRAVE: LE PAROLE DI DAS

colpa grave
Fonti e specie della colpa grave

 

Le regole di condotta, che governano le azioni e i comportamenti dei consociati, hanno sempre avuto una fonte sociale che, nel tempo, ha assunto anche una veste giuridica.

I concetti di negligenza, imprudenza, imperizia si riferiscono ad attività che sono ricavate dall’esperienza della vita sociale e che assurgono, successivamente, ad una dignità giuridica.

Seguendo un fenomeno di “responsabilizzazione” sempre crescente, che tende a disciplinare e a connotare le situazioni di pericolo più tipiche e più attuali, si è assistito nel corso degli anni all’introduzione di nuove forme di responsabilità e di colpa. Un esempio è quello della circolazione automobilistica, e al reato di omicidio stradale, oppure quello della prevenzione dagli infortuni sul lavoro, soltanto per citare la più recente normativa cautelare.

Nel nostro ordinamento giuridico, si è creata progressivamente una duplice figura di colpa: una colpa “generica” e una colpa “grave” detta anche “colpa professionale”.

Con il termine “colpa”, possiamo intendere l’attribuzione psicologica di un fatto illecito alla volontà antidoverosa del suo autore. Il nostro ordinamento giuridico riconduce questo concetto all’art. 1176 del Codice Civile, primo comma, nella parte in cui si afferma che l’obbligato, nell’adempiere alla prestazione, deve usare la diligenza del buon padre di famiglia ossia la diligenza “media” della persona comune. In questo tipo di comportamento, si fonda quella che è chiamata la “colpa generica”, ossia una colpa “non specifica” che è la conseguenza della trasgressione di una regola di condotta cui qualunque persona capace di agire è tenuta all’osservanza.

Il concetto di “colpa grave” (quasi all’opposto) nasce come una forma attenuata di responsabilità e trova il proprio fondamento all’articolo 2236 del Codice Civile nella parte in cui si afferma che, se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o di colpa grave.

Tale limitazione di responsabilità non significa che viene consentito un comportamento più incauto da parte dei professionisti d’opera speciale (ingegneri, architetti, geometri, preposti alla sicurezza del cantiere, funzionari pubblici, medici, ecc.), assoggettando alla sanzione risarcitoria solo le azioni (o le omissioni) costituenti macroscopiche inosservanze dei doveri professionali, bensì che si tiene conto della complessità dei doveri incombenti su di loro in quanto inseriti in una struttura organizzativa articolata che dipende da loro.

Ancora prima dell’articolo 2236, l’articolo 1176 del Codice Civile, al secondo comma, fa riferimento alla particolare diligenza necessaria alla natura e alle caratteristiche di una specifica attività e afferma che, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.

È, così, introdotto dal legislatore il concetto di “grado” della colpa, che trova nell’art. 133 del Codice Penale una definizione: “il giudice deve tener conto della gravità del reato desunta (…) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato, (…) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa”.

Per stabilire quanto grave sia la colpa dovrà essere accertata la misura di divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e la condotta che era, invece, da attendersi in base alla norma di sicurezza cui ci si doveva riferire nel caso di specie.

In conclusione, per colpa grave si intende, quindi, l’evidente e marcata trasgressione di obblighi di servizio o di regole di condotta nello svolgimento dello specifico dovere professionale richiesto dall’obbligazione contrattuale assunta.

 

di Walter Brighenti – DAS SpA

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