Il 1° settembre 2021 si avvicina e così la decisione se differire ulteriormente l’entrata in vigore del Nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, la cui uscita era originariamente prevista il 15 agosto 2020, e che l’emergenza Covid-19 sembra ostacolare nuovamente.
La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha nominato una nuova commissione con l’obiettivo di verificare l’applicabilità del Codice all’attuale assetto economico e sociale, assetto ovviamente non prevedibile a inizio 2019 quando è stata approvata la versione finale del Codice della crisi d’impresa.
La Commissione incaricata, composta da 18 membri selezionati tra esperti delle istituzioni, del settore bancario, dei professionisti, della magistratura, e del mondo accademico, aveva come prima scadenza lo scorso 10 giugno, ma ancora non sono trapelati risultati. Su indicazione del ministero, la Commissione si è confrontata con gli altri centri di interesse coinvolti dall’intervento, quali, anzitutto, Confindustria oltre alle varie associazioni di categoria e ordini professionali.
Gli sforzi della Commissione sono concentrati su quattro obiettivi principali:
- verificare l’opportunità di differire l’entrata in vigore di alcune norme del Codice della crisi d’impresa;
- ipotizzare proposte modificative al Codice;
- armonizzare il Codice alla Direttiva comunitaria sull’insolvenza (n. 2019/1023/Ue);
- formulare proposte di modifiche del Codice della crisi d’impresa, anche temporanee funzionali al superamento dell’emergenza pandemica.
L’adozione di un nuovo codice che riveda e organizzi le molte e frammentate norme sulle procedure concorsuali in un sistema organico e duraturo, è senza dubbio la base di partenza per trovare la formula della migliore tutela della continuità aziendale; senza tralasciare che anche l’Europa ci chiede di armonizzare il concorso ai principi dettati anche dalla Direttiva Insolvency.
Il 1° settembre 2021 entrerà forse in vigore il Codice della crisi d’impresa, salvo per alcune disposizioni al vaglio della Commissione costituita ad hoc.
Il primo interrogativo al quale la Commissione dovrà rispondere è quali disposizioni siano adatte ad inserirsi nell’attuale contesto economico-sociale e a favorire la ripresa post Covid dell’imprenditore in crisi.
Da alcune parti è stato sollevato il timore che il recente intervento del governo, nel prevedere modifiche dettate da un’emergenza, auspicabilmente temporanea, snaturi l’impianto di un’opera che è stata concepita per dare un assetto alla materia per i prossimi 20 anni.
Si teme, in particolare, l’intento di smantellare alcuni principi cardine del lavoro della Commissione Rordorf; mi riferisco, nello specifico, alle misure di allerta.
La ratio delle misure di allerta come allo stato disciplinate dal Codice della crisi è quella, da un lato, di perseguire una reale tutela della continuità aziendale ricercando l’emersione preventiva della crisi attraverso indici in grado di individuare situazioni che potrebbero comportare una probabile insolvenza, al fine di recuperare tempo e spazio per una negoziazione della crisi utile ed efficace e ricercare soluzioni alternative alla liquidazione giudiziale.
Dall’altro lato, aumentare la credibilità del sistema imprenditoriale attraverso la conservazione delle imprese sane e l’estromissione definitiva di quelle decotte o di quelle che hanno agito in modo fraudolento.
Poiché è evidente a tutti la vanità di strumenti finalizzati all’emersione della crisi quando ormai la crisi è palese e conclamata, a mio avviso, a settembre le misure di allerta non entreranno in vigore. Come si dice: “inutile chiudere la stalla quando i buoi sono scappati”.
A ciò si aggiunga che molte imprese non sono pronte a tale innovazione perché non hanno ancora investito risorse per l’adozione di assetti organizzativi adeguati, senza i quali l’allerta non serve.
Nel caso in cui venga rinviata l’adozione delle misure di allerta, si potrebbe allora ipotizzare di utilizzare questo periodo per puntare sulla reale e concreta attuazione degli assetti organizzativi e sulla definitiva messa a punto degli strumenti propedeutici all’introduzione dell’allerta.
La Commissione, in ogni caso, dovrà individuare, in concreto, quali tra gli strumenti previsti dal Codice della crisi dovranno essere invece operativi da settembre. Nel 2020 i fallimenti sono stati in numero inferiore rispetto al passato; ma come affrontare la situazione quando cesseranno gli aiuti attivati dal governo per fronteggiare la crisi e, non più sostenuta, questa bolla scoppierà?
Una soluzione al vaglio della Commissione è quella di attivare fin da subito l’OCRI – organismo di composizione della crisi. I sostenitori di tale scelta lo ritengono un utile strumento alternativo alla liquidazione giudiziale che, soprattutto in questo momento, è funzionale ad alleggerire il carico sui Tribunali, a una esdebitazione più rapida e a una celere riattivazione del circuito dei pagamenti.
Anche tale ipotesi vede i suoi oppositori in chi ritiene la composizione assistita legata indissolubilmente all’allerta pena la minore efficacia di entrambe, oltre ad evidenziare la difficoltà delle Camere di Commercio a completare entro il 1° settembre l’iter interno per la costituzione e la regolamentazione dei vari Organismi di composizione assistita.
Il clima di profonda incertezza anche sulle scelte della politica e degli opinion makers, che ancora non hanno chiarito cosa succederà il 1° settembre p.v., non sta aiutando a recuperare fiducia ma potrebbe fornire più spazio per ulteriori riflessioni.
Di Avv. Barbara Maffei Alberti; Maffei Alberti e Associati studio legale