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TROIKA, STIGMA, MES E RECOVERY FUND

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Troika, Stigma, Mes e Recovery Fund sono argomenti di conversazione ricorrenti, di cui poco si sa e spesso si equivoca, non essendo mai ben spiegato, neppure dai media, in che cosa consista ciascuno di questi istituti.

Vediamo di fare chiarezza, senza entrare troppo nel dettaglio, senza addentrarci nel “politico”, ma semplicemente tentando di offrire una chiave di lettura per comprendere le scelte, attuali e nevralgiche, che i nostri governanti si accingono a fare.

Partiamo da una premessa: nessuno presta denaro gratis e, seppur il contesto emergenziale attuale imponga una maggiore solidarietà tra la “Società delle Nazioni”, qualunque operazione di finanziamento a credito comporta sempre dei costi, degli oneri, degli obblighi.

In passato, era il FMI (Fondo Monetario Internazionale) che interveniva a calmierare le crisi economiche più gravi spesso supportato da accordi intergovernativi intercorrenti tra le principali economie mondiali: la regolamentazione delle borse e gli interscambi commerciali, facevano il resto.

Da qualche anno a questa parte, invece, i forti indebitamenti del debito sovrano e frequenti turbolenze speculative soprattutto sui titoli pubblici, hanno indotto le istituzioni europee (per quanto riguarda il nostro continente) a creare degli organismi o degli accordi “ad hoc” in grado di supportare quei paesi dell’UE esposti più di altri a tali incertezze economiche.

Tra i paesi con maggiori difficoltà nell’Euro-Zona, si trovano gli stati dell’area mediterranea e il nostro paese è uno di questi.

La crisi pandemica ha indebolito ulteriormente le economie dei governi più fragili, che già facevano i conti con un forte indebitamento e con un disavanzo di bilancio pluridecennale.

Perciò, ci si è resi conto che gli strumenti tradizionali di gestione del risparmio pubblico non sarebbero stati in grado di fronteggiare la nuova situazione emergenziale.

Di qui, il ricorso a nuovi istituti quali il Mes e il Recovery Fund: uno, l’altro, entrambi? Questa, l’annosa questione che da mesi ci assilla e un nodo che, a breve, il Governo dovrà dipanare.

Le premesse non sono state le migliori: forti flessioni imponenti del PIL, un’opposizione dei rigidi paesi del nord, quelli con i conti pubblici più in ordine, come l’Austria e l’Olanda, la necessità di arginare con tempestività l’impatto devastante del Coronavirus sui risparmi privati delle utenze più vulnerabili.

Introdotto con il Trattato di Lisbona del 2007 per la “crisi del debito sovrano”, il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è un fondo monetario avente l’obiettivo di dare sostegno in casi di crisi economica e di probabile default.

È anche noto come fondo salva stati poiché lo scopo è quello della ristrutturazione del debito pubblico dello stato in crisi mediante la concessione di prestiti “condizionati” e a fronte del pagamento di interessi a tasso agevolato. Il Fondo, che è un’organizzazione su base internazionale tra i paesi dell’Euro-Zona, emette prestiti (i c.d. “bond”) sulla base di condizioni piuttosto rigide e può adottare delle sanzioni.

Le sanzioni consistono per lo più in una sorta di “commissariamento” da parte dei creditori che hanno concesso il finanziamento e comportano l’ingerenza nel controllo delle spese pubbliche dello stato inadempiente (c.d. “troika”, parola di origine russa che evoca l’analogo controllo esercitato ai tempi del regime). I creditori del Mes sono le istituzioni intergovernative che concedono i prestiti: la BCE, la Commissione UE e il FMI.

La Troika è quindi un organismo interistituzionale dell’UE formato dalla Commissione Europea, dal FMI e dalla BCE e rappresenta il collegio dei creditori ufficiali che negoziano il meccanismo di stabilità con i paesi richiedenti.

Lo scopo della troika è, pertanto, quello di monitorare l’andamento economico dei paesi dell’UE, di mantenere la salute finanziaria dell’Euro-Zona, di applicare i piani di salvataggio e quelli di “austerity” prescritti per il superamento della crisi.

Tutto ciò comporta, però, un controllo esterno in quanto i piani nazionali di politica economica vengono “condizionati” da una governance esterna collegiale, che detta le linee guida. Esempi di condizioni sono: i piani di austerità, la riforma del sistema bancario, fiscale, previdenziale, tributario, il rapporto deficit/PIL entro un certo range, l’assenza di manovre speculative nel mercato obbligazionario.

Per questa ragione, il Mes non è sempre molto gradito poiché uno stato è, di norma, restio ad ingerenze esterne e preferisce affrontare le oscillazioni dei propri mercati attraverso politiche autonome: politiche che uno stato può governare dall’interno senza rispettare condizioni dettate da altri che, di fatto, ne limiterebbero la sovranità (o il prestigio a livello internazionale).

Con il dilagare mondiale del contagio Covid-19, si è affacciato, sullo scenario europeo, un nuovo strumento che, tra alterne proposte e veti incrociati, si è tradotto in uno strumento finanziario concreto e straordinario, creato appositamente per fronteggiare l’impatto economico della pandemia: si tratta del Fondo di Recupero (Recovery Fund).

Il Recovery Fund rappresenta la vittoria politica dei membri meridionali dell’Unione Europea contro i membri settentrionali, che si sono sempre espressi contro qualsiasi forma di condivisione del debito sovrano.

Se il Mes assolve una funzione non lontana da quella del FMI − anche se l’area preservata è più specifica perché coincide con quella dell’Euro-Zona – il Recovery Fund risulta più appetibile poiché si traduce in una linea di credito a fondo perduto mediante emissione di titoli cartolari (c.d. “Recovery Bond”) con garanzia di copertura nel bilancio dell’UE. L’obiettivo è quello di essere: “un fondo con titoli comuni europei per finanziare la ripresa di tutti i paesi più colpiti”, tra cui, appunto, l’Italia.

Mentre il Mes è un’istituzione finanziaria intergovernativa fondata con un trattato internazionale, che coincide con l’Area Euro ma è esterna all’UE, il Recovery Fund nasce in seno all’UE ed è un piano (Recovery Plan) creato appositamente per fronteggiare il Covid, cui aderiscono tutti i paesi dell’UE.

Con il Consiglio Europeo di luglio 2020, è stato varato un piano da 750 miliardi di Euro, garantito dall’UE, cui seguiranno i singoli piani nazionali di riforme (2021-2023) ai quali sarà subordinata la concessione delle sovvenzioni a fondo perduto. Per l’Italia, sono previsti 127 miliardi di Euro in prestiti e 81,4 miliardi di Euro in trasferimenti a fondo perduto.

In pratica, non c’è una formula uguale per tutti, ma è necessario un accordo individuale che includa misure correttive di politica economica. Gli stanziamenti del Recovery Fund vengono assegnati sulla base di singole proposte di riforma elaborate con il paese richiedente gli aiuti (Recovery Plan).

L’Italia dovrà inoltrare il proprio progetto entro l’autunno 2020 per il periodo temporale 2021-2023. Saranno necessari due visti di approvazione: quello della Commissione UE e quello del Consiglio Europeo e la procedura richiederà due o tre mesi di tempo per cui gli stanziamenti saranno erogati a partire dal primo trimestre del 2021.

Oltre al Recovery Fund, la politica europea di questi ultimi mesi – in particolare l’Eurogruppo di aprile 2020 − sollecitata dai governi dei paesi membri, ha messo a disposizione un ulteriore strumento, che può essere richiesto in aggiunta al precedente.

Si tratta di una nuova “versione” del Mes riconcepito e ridefinito anch’esso in supporto all’emergenza epidemiologica: la Pandemic Credit Line. È il Mes di cui parlano i politici in questi giorni e di cui scrivono i giornali: se accettarlo, non accettarlo, se avvalersene in aggiunta al Recovery Fund, ecc. Di cosa si tratta?

In sintesi, soltanto per quest’anno, sarà possibile accedere al Mes senza condizioni per sostenere e finanziare spese sanitarie. Sarà concesso attivare il fondo e richiedere un prestito al Mes per ragioni diverse da quelle stabilite dal trattato che l’ha istituito. Si tratta di una nuova linea di credito, senza condizionalità, per le spese di tipo sanitario di cura medica e di prevenzione ospedaliera legate al Covid-19. Tale facoltà è esercitabile da qualsiasi paese membro che ne faccia richiesta.

La linea di credito si ferma al 2% del PIL del paese richiedente e il requisito da rispettare sarà che lo stato fruitore si impegni ad usare gli stanziamenti unicamente per spese di carattere sanitario. Una sola condizione: “dopo la cisi, i paesi richiedenti resteranno impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari in linea con le cornici di coordinamento, di sorveglianza economica e fiscale dell’UE, inclusa la flessibilità”. All’Italia, verrebbero garantiti 36 miliardi di Euro per spese sanitarie senza condizionalità. Non ci sarebbe, quindi, una vera e propria troika e l’Italia ben potrebbe beneficiare di ulteriori fondi oltre a quelli previsti per il Recovery Fund.

Un’ultima osservazione di carattere macroeconomico. È indubbio che FMI, Mes e Recovery Fund sono strumenti finanziari straordinari che immettono liquidità nel sistema in modo artificiale (si legga: protezionistico). Ciò altera, seppur temporaneamente, gli equilibri del mercato e pone il problema dello stigma. Lo stigma è il segnale dato agli investitori stranieri che un paese non è in grado di potersi finanziare in modo autonomo ed ordinario (acquisti di titoli di stato, ricapitalizzazione delle banche, investimenti esteri, ecc.). Ciò potrebbe comportare, nel medio-lungo periodo, una fragilità delle borse, recessione e una riduzione di sovranità a causa delle condizionalità imposte dai finanziatori europei.

L’auspicio è quello di individuare, ancora all’interno di una fase emergenziale drammatica, gli strumenti giusti per rispondere in maniera efficace alle sollecitazioni dell’economia e alle aspettative dei cittadini.

 

Nota: “I contenuti espressi in questo articolo non hanno valenza politica, ma esclusivamente culturale e divulgativa. I temi trattati fanno riferimento alle fonti indicate, cui si rinvia, e al dibattito pubblico generale affrontato dagli organi di stampa. DAS. si astiene da qualsiasi indicazione, orientamento o valutazione sugli argomenti riportati (N.d.R.)”.

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