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REPUTAZIONE E IMMAGINE PER IMPRESE E PROFESSIONISTI: IL RUOLO DEL PENALISTA

REPUTAZIONE E IMMAGINE

La reputazione, online e sui mass media, è il bene più prezioso di ogni azienda o professionista. Si costruisce con il lavoro e il tempo, ma spesso basta poco per comprometterla: il coinvolgimento in un procedimento penale oppure una serie di “recensioni negative”. Nella società digitale il tradizionale “passaparola” è sostituito da post e articoli pubblicati velocemente e senza troppi controlli. Come tutelarsi in caso di notizie errate, o addirittura false, che ci riguardano? Esistono mezzi per prevenire danni reputazionali? L’avvocato penalista può fornire un valido supporto in ogni fase della gestione del “rischio reputazionale”. Ne abbiamo anche parlato la settimana scorsa, in occasione dell’appuntamento Das “La parola agli esperti” .

 

La prevenzione a tutela della reputazione dell’impresa: Modello 231 e Codice Etico

 

Per costruire una solida reputazione è senz’altro indispensabile predisporre una serie di cautele e presidi volti a prevenire la commissione stessa di illeciti nell’ambito della propria attività imprenditoriale o professionale. L’immagine di azienda concretamente attenta ai temi etici è fondamentale, sia in un’ottica di rafforzamento generale, sia nel malaugurato caso in cui si dovesse verificare qualche incidente, ad esempio di natura colposa come un infortunio sul lavoro: questo avrà certamente un clamore inferiore qualora riguardi un ente che gode già della fiducia del pubblico (e delle autorità), piuttosto che nel caso in cui l’evento sia accaduto presso un’impresa che è sempre rimasta inerte.

Gli strumenti per consolidare la propria reputazione sotto il profilo legale sono sicuramente individuabili nelle certificazioni di qualità e negli attestati di formazione, nonché soprattutto, per quanto concerne le aziende, nell’adozione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Unitamente all’implementazione di specifiche procedure di prevenzione degli illeciti e del Codice Etico, il Modello 231 costituisce senz’altro una garanzia di impegno alla legalità, anche idoneo ad arginare i negativi effetti reputazionali di un reato commesso da un amministratore o dipendente infedele.

Infatti, attraverso l’efficace attuazione del Modello 231 – segnatamente, mediante controlli interni effettivi eseguiti dall’Organismo di Vigilanza – l’ente dimostra il proprio impegno ad auto-regolamentarsi e a prendere le distanze da comportamenti illeciti, posti in essere da soggetti interni in elusione delle procedure aziendali previste dal Modello stesso.

Pertanto, comunicare efficacemente l’adeguamento alle normative vigenti e il c.d. enforcement delle misure di prevenzione dei reati integra senza dubbio un’importante iniziativa per costruire preventivamente una positiva reputazione dell’azienda.

 

 

La gestione legale della notizia relativa ad un procedimento penale in cui è coinvolto l’interessato

 

Nel momento in cui accade “l’inconveniente”, ovvero viene diffusa la notizia di un procedimento penale che vede il coinvolgimento della persona interessata, l’avvocato penalista mette in campo la propria sensibilità ed esperienza al fine di tutelare al meglio l’assistito, attraverso le più opportune iniziative.

Infatti, non esiste una soluzione buona “per tutte le stagioni”, ma occorre valutare attentamente caso per caso se adottare un atteggiamento più interventista (fatto di smentite, comunicati stampa, interviste, ecc.) oppure maggiormente passivo (lasciando magari “sgonfiare” da sé il clamore mediatico). Le variabili sono moltissime e riguardano senz’altro il profilo della persona o ente coinvolti, la tipologia dell’accusa e le circostanze del fatto contestato (un reato di natura economica è diverso da uno di matrice violenta), l’autorevolezza del divulgatore (testata giornalistica, blogger, mero utente del web…).

Anche il momento processuale è un elemento da tenere in primaria considerazione: un conto è gestire i rapporti con la stampa nella fase della conclusione delle indagini, ovvero di applicazione di misure cautelare, altro è invece tutelare la reputazione magari diversi anni dopo la definizione finale del processo. In questi ultimi casi, è possibile che un soggetto o un’impresa abbiano interesse a rimuovere le tracce online di condanne molto risalenti, oppure di nessuna pertinenza con la attuale attività svolta: siamo nel campo dell’esercizio del “diritto all’oblio”, in cui è necessaria l’assistenza del professionista per porre in essere le attività più efficaci a seconda dell’obiettivo prefissato, considerato che – purtroppo – ciò che è online diventa tendenzialmente “eterno”.

Diverso è, invece, il caso in cui la notizia riportata sia del tutto falsa oppure errata (c.d. fake news): in tali circostanze, è opportuno farsi assistere dal penalista per valutare giuridicamente l’accaduto e individuare le azioni più incisive a tutela della reputazione, che possono giungere sino alla presentazione di una denuncia-querela per diffamazione o al supporto (anche sul fronte dell’esecuzione di investigazioni difensive) per un’azione di risarcimento del danno.

 

 

Il limite della libertà di espressione: la diffamazione

 

La persona che si trova ad essere oggetto di una notizia ha spesso una percezione soggettiva della vicenda che la porta a ritenere “diffamatoria” la rappresentazione datane dall’autore. Ciò, in realtà, in numerosi casi non trova corrispondenza dal punto di vista giuridico, in quanto sussistono alcuni parametri di natura oggettiva che consentono di valutare la natura effettivamente “diffamatoria” (o meno) di una notizia o di un commento riportato al pubblico: in questo perimetro, l’avvocato penalista può fornire un parere tecnico preventivo ed evitare “scivoloni” giudiziari, quali la presentazione di denunce o azioni legali infondate, veri e propri boomerang per chi le propone.

Occorre partire dal presupposto per cui il reato di diffamazione (art. 595 del Codice penale) punisce chiunque, comunicando con più persone, offende la reputazione altrui. La diffusione online è sostanzialmente equiparata a quella, più tradizionale, a mezzo stampa.

La Corte di cassazione ha stabilito a più riprese che una notizia non debba essere ritenuta diffamatoria, bensì esercizio del diritto di cronaca, qualora rispetti i criteri di verità, pertinenza e continenza: essa, pertanto, deve

  1. riportare fatti o circostanze reali;
  2. limitarsi a soddisfare l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto oggetto della pubblicazione;
  3. essere rappresentata in modo formalmente corretto e obiettivo.

Un’altra scriminante della pubblicazione di notizie o scritti, che siano oggettivamente lesivi della reputazione, è costituita dal diritto di critica: esso si differenzia da quello di cronaca in quanto non viene esercitato mediante la narrazione di fatti, bensì nell’espressione di un giudizio ovvero di un’opinione, per sua natura soggettiva. Chiaramente, in questo caso, il confine risulta più labile e soggetto ad interpretazione, dunque la valutazione del penalista risulta ancor più opportuna.

Un campo di applicazione molto frequente di questa fattispecie è costituito dalle c.d. “recensioni” online, che sempre più spesso sono riferite ad attività commerciali o professionisti. In questi casi, il commento negativo supera i limiti della rilevanza penale quando l’autore travalica i parametri sopra indicati. Trattandosi, nella stragrande maggioranza delle fattispecie, di commentatori “non professionali”, è molto facile che vengano usate espressioni integranti diffamazione: oltre all’azione penale, è opportuno procedere ad una richiesta di rimozione del contributo sia all’autore che alla piattaforma di pubblicazione, in modo da minimizzare il danno reputazionale.

In conclusione, è evidente che i rischi per la reputazione online siano numerosi ed insidiosi: i veicoli di potenziale diffamazione viaggiano sempre più veloci e gli strumenti tradizionali idonei ad arginarli spesso si dimostrano insufficienti. Ove è possibile, si raccomanda la costruzione di una solida reputazione in via preventiva. In caso di evento lesivo, l’intervento dell’avvocato penalista consente di mettere in campo le iniziative più efficaci e tempestive, tutelando passo dopo passo il soggetto coinvolto.

 

di Avv.ti Giovanni Briola e Mario Arienti; Studio Legale Briola & Partners S.r.l.-S.T.A.

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