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MODELLO 231: UNO STRUMENTO IMPORTANTE PER LA PREVENZIONE DEGLI ILLECITI COMMESSI DAGLI ENTI

modello 231

A distanza di un ventennio dall’introduzione, si sta iniziando a comprendere la reale portata e l’importanza, per un ente, di adottare un modello virtuoso (il Modello 231, così chiamato perché tratto dal d.Lgs 231/2001) di organizzazione, gestione e controllo, da poter esibire nella non remota ipotesi di accusa di illeciti e che faccia da contrappeso all’incremento considerevole di forme di illegalità di impresa che ormai soverchiano quelle individuali. Il tema è oggi particolarmente importante per le PMI.

 

L’idea moderna di controllo, nata con la formulazione del concetto di compliance riskha iniziato a imporsi dopo che, in alcuni dei più gravi dissesti finanziari degli ultimi anni, il comune denominatore è stato identificato in un deficit di adeguati controlli atti a prevenire il rischio di incorrere in sanzioni giuridiche penali e/o amministrative in conseguenza di violazioni di norme imperative o di autoregolamentazione.

Per gestire appieno i rischi di compliance, strumento irrinunciabile per le aziende diviene la messa a punto di processi e strutture organizzative funzionali alla prevenzione delle violazioni di norme, regole o standard da cui possono derivare sanzioni, perdite operative, danni reputazionali e provvedimenti di interdizione parziale o totale dell’attività. In tal modo, arretrando il rischio di compliance alla fase genetica, l’organo di controllo detta le prerogative strumentali al giudizio di conformità dell’operato aziendale, suggerendo, ove si riscontrino disallineamenti, le più opportune soluzioni per sanarli.

Una corretta gestione dei rischi di non conformità aiuta, in primis, a

  • tutelare i soggetti appartenenti all’ente (sia in posizione apicale che subordinata) da possibili responsabilità personali;
  • armonizzare i comportamenti dei dipendenti;
  • coadiuvare le aziende nella promozione e nel consolidamento dei propri principi etici;
  • migliorare le relazioni con la clientela;
  • rendere le imprese maggiormente competitive nei confronti dei propri concorrenti;
  • prevenire ricadute negative sul bilancio, sull’immagine e sulla reputazione presso l’opinione pubblica, la comunità finanziaria e tutti gli stakeholder.

In tal senso, l’articolazione di paradigmi di responsabilità sanzionatoria amministrativa degli enti apportata dal d.Lgs. 231/2001 è strettamente correlato alle suesposte premesse empiriche e risponde all’esigenza di adeguamento della disciplina nazionale a quella internazionale e soprattutto comunitaria, laddove la previsione di tale forma di responsabilità era una realtà già ben consolidata.

 

La disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche – qualificate come autonomo centro d’interessi e di rapporti giuridici, punto di riferimento di precetti di varia natura, e matrice di decisioni e attività dei soggetti che operano in nome, per conto o comunque nell’interesse dell’ente – giustifica l’equiparazione tra enti e persone fisiche fino a investire l’area dei comportamenti penalmente rilevanti.

Quanto ai criteri di imputazione, sul piano squisitamente oggettivo, il regime di responsabilità amministrativa a carico dell’impresa è configurabile per specifici reati (v. paragrafo successivo) commessi da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente, di unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo o che sono sottoposti alla direzione o alla vigilanza di uno di questi soggetti; laddove per l’imputazione soggettiva, la rinnovata concezione della colpevolezza in senso normativo, intesa come riprovevolezza, consente oggi di adattare comodamente tale categoria alle realtà collettive.

In definitiva, ferma restando l’autonomia del titolo di responsabilità a carico dell’ente che concorre con quello della persona fisica, ai fini della configurazione della responsabilità dell’ente occorrerà, dunque, non soltanto che il reato sia ad esso ricollegabile sul piano oggettivo, ma il reato dovrà costituire anche espressione della politica aziendale o quanto meno derivare da una colpa di organizzazione (colpa esclusa, come si vedrà a breve, in presenza di un modello organizzativo adeguato e correttamente rispettato). Naturalmente occorre che il comportamento illecito abbia determinato un vantaggio per l’ente o sia comunque realizzato nel suo interesse in quanto sono esclusi, per espressa previsione legislativa, tutti quei comportamenti ricollegabili al mero interesse di colui che li compie.

 

Reati 231 riconducibili all’Ente

 

Il catalogo di reati potenzialmente ascrivibili all’ente è vario e rappresenta la concretizzazione dei rischi correlati all’esercizio dell’attività imprenditoriale. Invero, include fattispecie criminose tanto dolose quanto colpose tra le quali:

  • delitti contro la pubblica amministrazione come induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e malversazione ai danni dello Stato, truffa ai danni dello Stato e frode informatica ai danni dello Stato;
  • delitti di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro;
  • reati ambientali;
  • reati informatici e trattamento illecito dei dati;
  • reati societari quali false comunicazioni sociali, impedito controllo, illecita influenza sull’assemblea;
  • reati in materia di abusi di mercato (abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato);
  • reati in materia di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita;
  • delitti di criminalità organizzata.

Il decreto 231/2001 prevede una clausola di esonero dalla responsabilità amministrativa se l’ente dimostra di avere adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire la realizzazione dei reati contemplati dalla legge.

Adozione che, tuttavia, è concepita in termini di mera facoltatività (onere) e non di obbligatorietà, non essendo la sua mancanza assoggettata ad alcuna sanzione.

Nondimeno, va precisato che la scelta di non predisporre un’adeguata struttura organizzativa fa scattare automaticamente la responsabilità dell’ente al momento della commissione del reato, con le onerose conseguenze che la legge pone in capo alla società.

 

Adottare un modello 231

 

In estrema sintesi, nell’ottica di una incentivazione e sensibilizzazione di una cultura aziendale improntata alla prevenzione del rischio di reati, occorre preliminarmente che sia operata da parte della Società, in relazione alla propria specifica attività, una sorta di valutazione del rischio attraverso la quale individuare i settori aziendali e le attività nel cui ambito possono essere commessi dei reati. Successivamente, all’esito di un’attenta ricognizione del sistema di controllo aziendale, è necessario elaborare i protocolli comportamentali finalizzati a programmare l’attuazione delle decisioni dell’ente in rapporto ai reati da prevenire e, contestualmente, individuare la modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati.

Da ultimo, devono essere previsti obblighi di informazione nei confronti dell’organismo di vigilanza -previsto in caso di adozione di un modello organizzativo 231- e deve altresì essere introdotto un sistema disciplinare deputato a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate dal Modello 231.

Il compito di vigilare sul corretto funzionamento e sull’osservanza dei modelli 231, nonché sul loro aggiornamento, deve essere affidato al citato organismo di vigilanza, che deve essere dotato di indipendenza e autonomi poteri di iniziativa e controllo: tale organismo avrà il compito di proporre gli adattamenti e aggiornamenti del Modello 231, di vigilare in ordine all’osservanza e all’efficace attuazione del Modello da parte dei destinatari, di gestire e monitorare le iniziative di formazione e informazione per la diffusione della conoscenza e della comprensione del modello da parte dei relativi destinatari.

Solo in tal modo, in occasione di un procedimento penale per uno dei reati contemplati dal d.Lgs. n. 231/2001, il. Modello 231 potrà costituire una valida ed efficace esimente per l’impresa.

Un’ultima breve riflessione va correlata al periodo emergenziale dell’ultimo anno, attese le potenziali ripercussioni del Covid-19 sulla responsabilità amministrativa degli enti. In tal senso, il ruolo chiave e di supporto che svolge l’Organismo di Vigilanza imporrebbe una costante interazione con tutti i soggetti chiamati a intervenire in prima linea per il contenimento del contagio. Tuttavia, poiché tale Organo è privo di autonomo potere di gestione, anche laddove ravvisi un’inidonea azione di adeguamento delle policy aziendali rispetto alle esigenze di contenimento del virus, non potrà intervenire direttamente ma dovrà limitarsi a sollecitare l’adozione di misure maggiormente opportune per il contenimento del rischio.

 

Di Avv. Paolo Carrara, Avv. Marzia Manfredini – LEXFIN società tra avvocati s.r.l.

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