L’innovazione tecnologica coinvolge sempre di più i processi decisionali ed intellettivi.
I fautori della “Digital Transformation” sostengono che, in un futuro sempre più prossimo, l’intelligenza artificiale modificherà in meglio la relazione tra le persone e le macchine, potenziando la creatività e le abilità individuali. Essi affermano che l’ingegno umano verrà amplificato dalla velocità e dalla precisione dei congegni elettronici, mentre gli aspetti negativi risulteranno, in larga parte, minoritari.
In particolare, i fattori indicativi di tale evoluzione cibernetica possono essere così riassunti:
- la crescita esponenziale del volume dei dati informatici;
- l’aumento dell’uso dei social network e dei dispositivi smartphone;
- nuove startup e nuovi attori, che stanno entrando nel mercato con soluzioni innovative;
- l’aumento delle aspettative dei clienti, aspettative in costante evoluzione;
- l’avvento di nuove tecnologie digitali, che permettono di velocizzare le trasformazioni ed elaborare una grande quantità di dati, sia strutturati che non (fonte: Deloitte Emea, ad indicem).
L’intelligenza artificiale è in grado di sostituirsi, quasi completamente, alle operatività manuali e gestionali delle catene produttive di massa e, da tempo, ha fatto ingresso anche nei settori del c.d. terziario avanzato (banche e finanza, investimenti e consulenze, ingegneria e discipline legali).
Più precisamente, i servizi di “Artificial Intelligence & Cognitive” – sostiene Deloitte Emea, società leader del settore − hanno l’obiettivo di “sviluppare e sperimentare le applicazioni dell’intelligenza artificiale nei processi business e di condurre i propri clienti all’interno di un percorso volto alla creazione di una Intelligent Company” (fonte: Deloitte).
Per comprendere la portata della “rivoluzione hi-tech” – osservano gli storici e i sociologhi – occorre risalire a quella che, in passato, fu l’innovazione rappresentata dall’invenzione della stampa a caratteri mobili nella seconda metà del Quattrocento.
La fisiologia è quella branca della medicina generale, che studia l’interazione biochimica tra i vari organi del corpo umano. Da tempo, essa ha prestato il proprio contributo all’informatica e all’elettronica le quali hanno riprodotto, nel linguaggio dei bit, i modelli di reazione delle cellule del sistema nervoso. L’ipotalamo è la “sede della sapienza”, il “cuore del cervello”, l’anima pulsante dei pensieri e dei ricordi. Esso è posto alla base dello studio delle intelligenze artificiali per replicarne il funzionamento.
Il dilemma fatale − che costituisce, però, l’impasse da cui non si riesce ad uscire − è la possibilità di prevedere artificialmente l’emotività, le pulsioni latenti, che sono proprie dell’uomo e che incidono anche nelle relazioni industriali. La creatività, l’originalità, il guizzo che si libera improvviso, sono doti innate che hanno decretato il successo di grandi gruppi industriali e che mal si prestano ad essere sintetizzate in chip e in relè.
Tuttavia, se l’homo faber difficilmente potrà essere sostituito dall’homo cyber, è opportuno osservare che l’“Artificial Intelligence Eminence” ha fatto passi da gigante e, oggi, esistono importanti società di consulenza che offrono servizi completi, ritagliati a misura, per sostituire personale umano con macchine in grado di svolgere attività di segreteria, ricevimento, backoffice, telefonia, pianificazione, ecc.
Si sostiene, che professioni tradizionali, che si perdono nella notte dei tempi – come l’avvocatura e il notariato – potranno subire profonde trasformazioni con l’avvento della “Machine Intelligence”. Si parla, a tal proposito, di una vera e propria rivoluzione “law-tech”, che cambierà radicalmente il modo di svolgere queste professioni e anche di organizzare l’attività giuridica così come è stata svolta, fino ad ora, negli studi legali. “Chatbot”, ad esempio, è un software in grado di riprodurre il parlato e le conversazioni utilizzando gli applicativi di Artificial Intelligence. In tre minuti, riesce a fare il lavoro di tre ore e a controllare migliaia di nominativi in tempo reale. Le statistiche confermano che l’Intelligenza Artificiale troverà applicazione:
- per il 65% nei settori di customer service;
- per il 52% in quelli di back office e di operation;
- per il 42% nei settori finanziari;
- per il 31% nelle attività di antifrode;
- per il 29% nel risk management.
Come si può comprendere, si tratta di attività ben lontane dalle tradizionali catene di produzione del settore manifatturiero in cui eravamo abituati a vedere in azione, fino a ieri, robot semoventi e braccia meccaniche.
Ci sono, però, dei limiti. Come per tutte le innovazioni, i benefici offerti dall’I.A. non sono certo esenti da effetti collaterali. Le tecnologie innovative veicolano nuovi rischi: violazione della privacy, frode informatica e furto di dati, criminalità informatica. Sorgono anche nuove questioni etiche, che dovranno essere affrontate.
Massimo Morielli, responsabile “Accenture Digital” per l’Italia, si pone questi interrogativi: «Cosa avviene quando una macchina assume il controllo di un processo? Come fa l’uomo a riprenderne il possesso? Cosa succede quando l’I.A. infrange la legge o commette un errore? Chi è legalmente responsabile del processo?».
Questioni aperte, questioni nuove. Vecchie questioni. La storia si ripete. Dietro una grande macchina, c’è sempre un grande uomo. Dietro l’homo cyber, c’è sempre l’homo faber, l’uomo come creatura razionale, che esplica le sue facoltà intellettive in quanto capace di fabbricare strumenti per trasformare la realtà secondo le proprie istanze. L’uomo artefice della propria sorte.