I patti parasociali sono accordi terzi rispetto agli atti costitutivi della società, e possono rivelarsi ottimi strumenti per concordare l’andamento dell’ente societario, purché il loro contenuto sia anche idoneo a scoraggiarne – per quanto possibile – l’inadempimento. Diversamente, in caso di mancato rispetto, da utili strumenti di autonomia negoziale diventeranno incomodi contratti che costringeranno il soggetto che ne pretende il rispetto ad una altrettanto incomoda azione giudiziaria difficile soprattutto in punto di prova del danno e del suo ammontare.
Saranno affrontati oggi i temi della disciplina applicabile ai patti parasociali e la forma che questi devono avere, riservando a un secondo esame il contenuto e i possibili rimedi in caso di inadempimento.
La disciplina dei patti parasociali
I patti, pur inserendosi in un contesto societario, sono completamente distinti dal contratto di società e dallo statuto e agli stessi non andrà applicata, nemmeno per analogia, la disciplina dei primi.
Sul punto, non vi è dubbio alcuno e, in una recente sentenza, la Corte di Legittimità ha statuito: “In tema di società, i patti parasociali debbono essere tenuti distinti dagli atti di estrinsecazione e realizzazione dell’organizzazione societaria, quali quelli di modificazione del contratto sociale, giacché i patti parasociali propriamente attengono non al piano organizzativo dell’ordinamento sociale, bensì a quello dei rapporti interindividuali tra titolari di partecipazioni societarie”.
I patti parasociali, infatti, altro non sono che contratti plurilaterali e ad essi andrà applicata la relativa disciplina con la conseguenza che gli stessi avranno forza di legge tra le parti e che il loro mancato rispetto costituirà inadempimento contrattuale.
Pur essendo contratti che presuppongono l’esistenza di un ente societario, si ritiene ammissibile la loro stipulazione anche anteriormente alla costituzione della società, ma i loro effetti saranno sospensivamente condizionati, con la conseguenza che non produrranno alcun effetto se la compagine societaria non dovesse venire ad esistenza. Infatti, in questo caso, il patto non va confuso con il contratto preliminare di società il quale ha come oggetto la stipulazione di una futura compagine societaria che comporterà, in caso di inadempimento, la conseguente responsabilità da inadempimento.
Allo stesso modo, con l’estinzione della società non è automatica l’avvenuta estinzione del patto parasociale: dipenderà dal contenuto dello stesso che rimarrà valido ed efficace se contenga clausole relative ad obbligazioni dei soci riferite al momento successivo all’estinzione della persona giuridica (ad. esempio la regolamentazione delle sopravvenienze).
Le forme idonee ai patti parasociali
Anche con riferimento alla forma, non essendoci alcuna normativa sul punto, nemmeno per i patti parasociali indicati dalla legge, non si potrà che applicare il principio generale sulla libertà della forma.
Pertanto, i patti parasociali potranno essere stipulati in forma orale, per comportamenti concludenti o, chiaramente, per iscritto.
Sarà, poi, una questione di prova della loro esistenza, nel momento in cui si agisca in giudizio per il loro inadempimento: se, infatti, chi deve procedere in giudizio per l’inadempimento deve provare il titolo, sarà onere di questo dimostrare l’esistenza del patto parasociale.
Sul punto si evidenzia una pronuncia di merito secondo cui “Premesso che non appare verosimile che un patto parasociale con un contenuto articolato sia stato lasciato ad intese verbali, o addirittura a meri comportamenti fattuali, va rilevato che se la conclusione del patto deve ritenersi provata dalla sua stessa esecuzione, l’esecuzione può allora dimostrare soltanto ciò che effettivamente è stato eseguito ma non ciò che non ha avuto concreta esecuzione. Il patto parasociale potrà quindi dirsi provato solo entro i suddetti limiti ma mai oltre per cui, nell’ipotesi in cui dall’esecuzione non emergano gli elementi essenziali del medesimo, non vi è neppure la prova che questo sia stato concluso”.
di Avv.ti Andrea Dolcetta e Elisa Visintin; Studio legale Dolcetta