Rendita vitalizia: le parole di DAS
“Vivere di rendita” è una frase che evoca, negli stereotipi più comuni, l’immagine negativa di un privilegio di classe, l’ultimo retaggio di una società divisa in ceti dove, ad alcuni pochi fortunati, era concesso di non lavorare e di beneficiare dello “status” economico trasmesso dalla famiglia di appartenenza.
L’evoluzione del concetto di rendita: da privilegio di classe a strumento di welfare
Nel passato, la parola “rendita” era collegata alla figura dei “rendieri”, latifondisti proprietari terrieri che, il giurista Romualdo Trifone, nella sua storia medioevale dei rapporti vassallatici, aveva associato ai baroni feudali causa della rovina economica del Mezzogiorno italiano.
Per effetto della riforma previdenziale, invece, oggi, il termine “rendita” ha acquisito un’importante funzione di integrazione economica riconducibile alla partecipazione alle forme pensionistiche complementari e maturata dal lavoratore alla data del pensionamento di legge.
Il legislatore, in altre parole, ha riscattato il concetto di rendita trasformandolo in un moderno sistema di welfare, che supplisce ai limiti del sistema previdenziale statale.
Così, nel panorama assicurativo più attuale, sempre più spazio trova la nozione di “rendita”, definita e disciplinata in vario modo, ma pur sempre riconducibile al versamento di un’erogazione economica periodica continuativa da parte di una compagnia assicurativa a favore di un beneficiario per l’intera durata della sua vita.
Perché la rendita? Quali sono i soggetti interessati all’erogazione in rendita?
A monte, vi è un contratto di assicurazione che individua, nella partecipazione ad un fondo di investimento, il soggetto che gestisce tutti gli adempimenti amministrativi degli associati.
Al termine del “periodo di certezza”, al beneficiario viene erogata una prestazione periodica per l’intera durata della sua vita (rendita vitalizia). Nell’accezione qui descritta, il periodo di certezza può essere fatto coincidere con la data del pensionamento o comunque con quello della cessazione del rapporto di lavoro.
La rendita è reversibile quando, successivamente alla morte del titolare, essa viene corrisposta ad un terzo soggetto (chiamato “reversionario”) e designato come beneficiario dal titolare iniziale.
Di norma, la rendita viene erogata con la rateazione richiesta dal titolare (o comunque prevista nelle condizioni di polizza), posticipata, a condizione che, alla data di prestazione previdenziale, il titolare (o il reversionario) siano ancora in vita.