Torna al magazine 16.03.2022 Focus Legale

NPL: tecniche di gestione per ottimizzare le performances

L’attività bancaria, consistendo nella raccolta di risparmio tra il pubblico e nell’esercizio del credito (art. 10 T.U.B.), è tipicamente esposta al “rischio di insolvenza”. L’attività creditizia comporta, quindi, un continuo monitoraggio sull’andamento dei prestiti, quali essi siano, elargiti al fine di verificare «lo stato di salute del credito». In tal senso, i crediti bancari possono essere genericamente suddivisi in due categorie: crediti in bonis e crediti deteriorati.
sfondo casi risolti

Tipologie di crediti deteriorati

I crediti deteriorati – ne abbiamo già parlato anche in altri articoli – sono crediti delle banche (mutui, finanziamenti, prestiti) che i debitori non sono più in grado di soddisfare regolarmente. In particolare, consistono in crediti per i quali vige incertezza circa la riscossione sia in termini di rispetto della scadenza sia circa l’ammontare dell’esposizione di capitale.

Come indicato da Banca d’Italia, si tratta di sofferenze bancarie degli Intermediari Bancari e Finanziari ormai deteriorate o fortemente a rischio. Le stesse vengono classificate sulla base della differente probabilità di recupero e si distinguono in: crediti cosiddetti “girati a sofferenza” (NPL), inadempienze probabili ma non ancora girate a sofferenza, e dunque poste “ad incaglio” (Unlikely to Pay – UTP) ed infine esposizioni sconfinanti da oltre 90 giorni (Past Due).

Le definizioni dei crediti deteriorati coniate dall’autorità nazionale di vigilanza bancaria, riflettono i criteri utilizzati dall’ABE (autorità bancaria europea), cui tuttavia si è preservato un maggior grado di dettaglio tramite il riferimento alle diverse sottocategorie di deterioramento appena menzionate.

Condizioni necessarie affinché un'esposizione sia inserita all'interno delle NPE:

le esposizioni devono essere scadute da oltre 90 giorni (continuativi);si giudica improbabile che il debitore, senza il ricorso all’escussione delle garanzie reali (se presenti), adempia integralmente alle proprie obbligazioni creditizie, indipendentemente dalla presenza di un importo scaduto o dal numero di giorni di scaduto.

Le tipologie di gestione del credito: interna ed esterna

L’esponenziale crescita dei crediti deteriorati ha avuto un impatto rilevante all’interno delle banche. Ed infatti tale fenomeno, oltre ad aver inciso sugli equilibri gestionali – in primis, naturalmente, quello economico – ha notevolmente influenzato anche gli aspetti di organizzazione interna alle banche.

In tale prospettiva, le banche, hanno sviluppato strategie per limitare la crescita degli NPL ottimizzandone la gestione in modo da agevolarne il recupero. Di fatto, per definire una strategia di gestione del credito concorrono non solo l’analisi delle capacità gestionali proprie di una banca, ma anche le caratteristiche dei portafogli deteriorati e l’individuazione della combinazione ottimale tra le diverse azioni possibili per il recupero.

In merito, quindi, le banche utilizzano due principali strategie. La prima si concretizza nella c.d. “gestione interna”, che si caratterizza per tecniche di gestione, le quali prevedono che il credito rimanga iscritto nell’attivo patrimoniale della banca. Pertanto, la suddetta modalità di gestione non ha come obiettivo quello di cedere i crediti a soggetti terzi, bensì quello di massimizzarne il recupero. Tra queste tecniche gestionali rientrano:

  • la gestione in house, direttamente da parte della banca;
  • l’outsourcing o servicing interno, che prevede la creazione di un’entità ad hoc controllata dalla banca che gestisce tali esposizioni;
  • l’outsourcing o servicing esterno, secondo cui la banca delega la gestione dei crediti deteriorati, per suo conto e in suo nome, ad un soggetto terzo. In tal modo, esternalizza la gestione delle esposizioni deteriorate, ma senza realizzare una cessione dei crediti.

In generale, quindi, è possibile identificare la gestione interna, quando, a prescindere da chi svolge l’attività di gestione e monitoraggio, i crediti deteriorati restano in possesso della banca creditrice, in quanto iscritti a bilancio nello stato patrimoniale.

In secondo luogo, occorre analizzare la “gestione esterna”. Quest’ultima, diversamente dalla prima, implica il trasferimento dei crediti e pertanto la cancellazione degli stessi dall’attivo patrimoniale. Comporta, dunque, lo smobilizzo delle esposizioni deteriorate e ciò può avvenire principalmente attraverso due modalità:

  • la cartolarizzazione;
  • la cessione ad una Asset Management Company (AMC).

La cartolarizzazione è la principale e più diffusa strategia di gestione esterna. Ciò che caratterizza tale operazione è il trasferimento del rischio di credito sul mercato degli investitori. Non a caso, la stessa Banca d’Italia definisce le cartolarizzazioni come “le operazioni che riguardano una o più attività per le quali si realizzi la segmentazione (tranching) del profilo di rischio di credito in due o più parti (tranches) che hanno differente grado di subordinazione nel sopportare le perdite sulle attività cartolarizzate.”

Esistono due diverse tipologie di cartolarizzazione, i cui caratteri sono sinteticamente analizzati di seguito. Quella “tradizionale”, per cui si realizza la cessione di un determinato portafoglio ad una società veicolo (SPV 130), la quale finanzierà l’acquisto attraverso l’emissione di titoli (asset-backed securities, ABS). Una seconda tipologia si concretizza nell’operazione di cartolarizzazione “sintetica”, nella quale il rischio è trasferito non con la cessione delle attività, ma tramite l’utilizzo di contratti derivati su crediti.

Alla luce delle precedenti considerazioni è possibile affermare che l’attuazione di una strategia globale per affrontare la questione dei crediti deteriorati risulta essere una priorità per gli enti creditizi. In tal senso, occorre segnalare che la recente Direttiva (UE) 2021/2167 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 novembre 2021 – relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti- sebbene, ovviamente, individui come principali protagonisti della questione gli enti creditizi e gli Stati membri, evidenzia che la riduzione della sostanziosa mole di crediti deteriorati e la prevenzione di un eventuale eccessivo accumulo in futuro di tali esposizioni sono obiettivi che presentano una chiara rilevanza a livello dell’Unione europea.

Non a caso, infatti, tra gli obiettivi cui è diretto il menzionato atto legislativo, assume particolare importanza la creazione di un contesto adeguato affinché gli enti creditizi possano alleggerire i rispettivi bilanci dai crediti deteriorati iscritti in attivo patrimoniale, attraverso un miglioramento delle condizioni di vendita del credito a terzi in guisa da incoraggiare lo sviluppo di mercati secondari dei crediti deteriorati nell’Unione, eliminando eventuali ostacoli e stabilendo relative garanzie, anche a tutela dei diritti dei debitori.

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Questo articolo trae spunto da un caso reale, ma ogni riferimento è puramente casuale

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