Torna al magazine 12/03/2022 Focus Legale

Finanza sostenibile: una nuova frontiere o una nuova realtà?

Finanza sostenibile tra luci e ombre: green bond, prestiti verdi e project financing diventano strumenti centrali per investimenti responsabili.
sfondo casi risolti

arlare di sostenibilità pare al momento essere diventato quasi un cliché. Non esiste azienda, istituzione o anche privato che non si sia interessato, direttamente o indirettamente, alla materia negli ultimi mesi. Come prevedibile, l’impatto di tale fenomeno non poteva non estendersi al mondo della finanza, che ha assunto anch’essa caratteristiche di sostenibilità, nel difficile tentativo di trovare un incontro tra profitto ed esigente crescenza di razionalizzare in chiave green (e non solo) il modo di fare business.

Ma che cos’è una strategia di investimento sostenibile? Di fatto, è una strategia che integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo, al fine di creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso. All’interno di questa, si colloca anche il fenomeno dell’impact investing, che altro non è che la strategia di investimento di capitali privati (imprese, organizzazioni, fondi) volta a creare impatti sociali positivi e, al tempo stesso, rendimenti economici.

Molto tempo è passato dalla prima obbligazione sostenibile, emessa nel 2007 dalla Banca Centrale Europea con il nome di Climate Awareness Bond. Ora il panorama è estremamente articolato, e contempla da un lato strumenti tecnici (sotto un profilo finanziario) che includono gli obiettivi ESG (environment, social, governance) nella loro struttura, e dall’altro parametri internazionali di riferimento per consentire la valorizzazione e la comparabilità del rendimento generato dalle imprese e dagli operatori coinvolti nella finanza sostenibile. Parallelamente, le istituzioni e la prassi internazionale stanno lavorando al concepimento di metodi comunicativi e di obblighi di rendicontazione circa tali rendimenti “sostenibili”, che accompagnino l’investimento in tutte le sue fasi, anche al fine di evitare fenomeni di greenwashing e impact washing.

L’importanza di progettare e razionalizzare queste tendenze innovative del settore è già una priorità, considerato che, come sostiene la Global Sustainable Investment Review, l’impatto generato dagli investimenti globali sostenibili ha raggiunto diverse decine di trilioni di dollari nei principali mercati (Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda). La stessa Commissione europea, nel marzo 2018, ha adottato un piano per la promozione della finanza sostenibile denominato “Action Plan on Sustainable Finance”, che si inserisce nel quadro dell’adozione di politiche responsabili al fine di orientare le scelte di investimento dei privati e il ricorso a strumenti come i green bond, i green loan e il fenomeno del green project financing, pensati per le imprese e gli operatori di mercato.

Rispettare i parametri ESG con un’obbligazione: il green bond

I green bond sono strumenti di debito con caratteristiche simili alle obbligazioni tradizionali, che le società emittenti utilizzano per attuare le loro strategie “green-friendly”. Permettono pertanto di finanziare vari tipi di progetti con caratteristiche di sostenibilità ambientale - come il trattamento dell’acqua e dei rifiuti, o iniziative legate alla prevenzione e controllo dell’inquinamento e all’innovazione delle infrastrutture per i trasporti. Va detto che, anche a fronte della mancanza di una assenza di standard e normative uniformi, il rischio di verificarsi di fenomeni di una “sostenibilità di facciata” che sfrutta i vantaggi dei green bond senza in realtà perseguire obiettivi di sostenibilità, è dietro l’angolo. Pertanto, si sono cominciati a sviluppare una serie di best practice volte ad introdurre parametri di uniformità e certezza (come ad esempio i Green Bond Principles, e le linee guida delineate dalla Commissione Europea). Non mancano inoltre ostacoli che ne impediscono lo sviluppo e la diffusione massiva. Tra queste, spiccano sicuramente le già menzionate definizioni poco chiare di progetti green, ma anche l’assenza di green projects ammissibili e riconosciuti dal mercato dei green bond, procedure di revisione esterna complesse e costose, assenza di chiari vantaggi economici per gli emittenti, e in generale un panorama vasto e frammentato.

Green Loan: pro e contro del “prestito verde”

Altrettanto incerto, forse più, è il panorama relativo ai green loan, vista l’assenza di un processo uniforme di uniformazione e classificazione, sebbene l’impatto delle normative comunitarie, e in particolare della Tassonomia UE, fornisca di riflesso benefici di chiarezza e uniformità per gli operatori. Probabilmente, la fitta rete normativa relativa all’esercizio del credito, volta in special modo a garantirne la correttezza e trasparenza, nonché la propensione delle banche ad attuare modelli interni, ha posto in secondo piano la possibilità di individuare, almeno per il momento, modelli UE standard. Ciò detto, per quanto riguarda il mercato dei finanziamenti bancari, sono stati in parallelo predisposti i Green Loan Principles (GLP) e individuati quattro “pilastri fondamentali” per gli specifici set contrattuali:

-l’utilizzo dei proventi;

-il processo di valutazione e selezione dei progetti;

-la gestione dei proventi;

-la rendicontazione.

Tali strumenti mirano ad una prima categorizzazione delle caratteristiche, e seppur considerati gli oggettivi limiti dovuti alla loro natura, sono da vedere con particolare favore.

Green project financing: il finanziamento green a lungo termine

Vi è poi il mondo del green project financing, ossia una peculiare forma di finanziamento a lungo termine, in cui i flussi di cassa relativi al progetto da finanziare garantiscono il rimborso del prestito. In Italia, in particolare, viene utilizzato eminentemente per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità. Il soggetto promotore si assume solitamente l’intero rischio connesso all’operazione. Nella prassi si sono già diffuse forme di green project financing che hanno saputo amalgamare perfettamente la struttura di tale tipologia di finanziamento con le esigenze legate alla sostenibilità, in particolare utilizzando i già citati quattro pilastri dei Green Loans Principles per poter da un lato far sì che sia garantita la massima trasparenza nei rapporti col soggetto finanziatore, e dall’altro che i proventi siano vincolati alla realizzazione del progetto.

 

Come operatori del diritto, stiamo notando un ricorso sempre più massivo a questo tipo di strumenti, complice da un lato la volontà di accreditarsi come operatori attenti alle dinamiche di sostenibilità di fronte ai vari stakeholder, dall’altra la considerazione degli effettivi risultati portati da realtà che tengono in considerazione i parametri ESG. Va detto che comunque il concetto di sostenibilità fa fatica a trovare una dimensione univoca, dal momento che già ad oggi – soprattutto nella sua accezione più ampia - innerva la maggior parte delle aree del business. Meglio pertanto pensare non già ad una finanza sostenibile e non sostenibile, ma ad una finanza che adotta bene o male pratiche di sostenibilità.

Ciò premesso, è bene anche sottolineare che, come legali, vediamo anche “l’altro lato della barricata”, ossia i rischi di una sostenibilità più orientata alla comunicazione che al welfare. Noi stessi ci occupiamo periodicamente di ricorsi aventi ad oggetto questo tipo di comportamenti. Senza dubbio, aziende che mirano al lungo termine e fanno leva su un welfare consapevole e sull’utilizzo di dinamiche ESG compliant possano avere rendimenti migliori di aziende mirate al mero profitto, e che il ricorso a strumenti “verdi”, complice anche il PNRR, caratterizzerà sempre di più il mercato. Occorre tuttavia vedere se e dove il vero impatto viene generato. Nulla di meglio, pertanto, di una “informed decision” che vada a vedere non solo i numeri, ma anche le strategie alla base delle valutazioni.

 

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