Vai al contenuto principale Vai al footer

Il caso

Prodotto utilizzato: DAS Circolazione Business

Tempi di definizione: 6 mesi

Spese sostenute dal cliente: 0 euro

Spese legali e peritali risparmiate grazie a D.A.S.: 1.700 euro

INCIDENTE CON ANIMALE SELVATICO: COSA COPRE LA POLIZZA?

incidente animale selvatico

Ci contatta il titolare della assicurata con noi con la polizza di tutela legaleDAS Circolazione Business” a seguito di un incidente con un animale selvatico accaduto tempo prima ad Arminio, un suo dipendente, mentre stava raggiungendo il cantiere dove era in corso l’esecuzione di un appalto edile.

Quel giorno, dopo l’impatto con un cinghiale, Arminio non aveva potuto fermarsi perché doveva raggiungere la sede di lavoro, ma aveva allertato gli agenti di polizia segnalando l’accaduto e scattando con il cellulare alcune foto che aveva prontamente trasmesso alle forze dell’ordine. Alla sera, di rientro dal cantiere, si era recato presso la locale delegazione dei vigili urbani per verbalizzare l’incidente.

Il titolare di Arminio chiede il nostro intervento per verificare la possibilità di ottenere un risarcimento del danno sia materiale (il preventivo del carrozziere per la riparazione del furgoncino ammonta a più di quattro mila euro) sia fisico, poiché Arminio ha riportato lievi contusioni guaribili in quindici giorni, sia patrimoniale (danno emergente) poiché l’assenza dal lavoro del dipendente ha ritardato l’esecuzione dell’appalto.

 

Incidente con animale selvatico su una strada pubblica

 

L’occasione è buona per fare un po’ il punto della situazione in tema di “incidente con animale selvatico” e, pur con le incertezze del caso, decidiamo di assegnare la pratica ad un nostro studio legale convenzionato per verificare la responsabilità in capo alla Regione e alla Provincia.

Disponiamo di alcune prove a nostro favore: le foto scattate da Arminio, l’intervento in loco delle autorità locali (guardia forestale) per la rimozione della carcassa del cinghiale, la registrazione della telefonata di Arminio di segnalazione dell’accaduto, ma non disponiamo di testimoni. Inoltre, è certo che sul tratto stradale interessato dall’incidente non esiste cartellonistica indicante il pericolo di attraversamento di animali selvatici.

La documentazione da noi raccolta è essenziale e comprovante l’effettivo verificarsi dell’evento dannoso?

Anticipando le conclusioni, possiamo dirvi che si è trattato di un caso non risolto, ma che ci ha permesso di ricostruire l’evoluzione giurisprudenziale del tema e comprendere in quali casi la citazione in giudizio della Pubblica Amministrazione può dare dei risultati soddisfacenti e in quali no. Abbiamo riassunto per punti il ragionamento condotto con l’avvocato incaricato.

  1. Si può innanzitutto sostenere (come è stato fatto in passato) che i danni causati dagli animali selvatici non siano indennizzabili in quanto tutta la fauna selvatica è da ritenersi “res nullius” per cui non vi è un soggetto chiamato a risponderne.
  2. Questo orientamento è stato superato con il riconoscimento normativo della proprietà pubblica della fauna selvatica. Infatti, prima la legge del 27.12.1977 n. 968 e poi quella del 11.02.1992 n. 157 hanno stabilito che la fauna selvatica è da considerarsi “patrimonio indisponibile dello Stato”, tutelata nell’interesse della comunità nazionale e locale, soggetta alla pianificazione faunistico-venatoria e al controllo delle specie da parte degli enti pubblici preposti.
  3. Sulla scorta di questa evoluzione normativa, la dottrina e parte della giurisprudenza di merito hanno sostenuto che, in caso di danni provocati da tali animali selvatici sfuggiti al controllo, la Pubblica Amministrazione rispondesse in virtù del regime speciale di responsabilità sancito dall’art. 2052 cod. civ. (danno cagionato da animali in custodia) e che il danno cagionato dalla fauna selvatica fosse risarcibile in base alla presunzione stabilita da tale articolo. L’onere della prova gravava allora sulla Pubblica Amministrazione che doveva dimostrare l’esimente della fortuità del caso ovvero di essere il “nudus minister”, un ente pubblico senza alcuna concreta ed effettiva possibilità operativa di prevenire il pericolo e, pertanto, privo della legittimazione processuale passiva a rispondere in giudizio.
  4. La Corte di Cassazione (cfr. sentenza 10.01.2020 – 20.04.2020 n. 7969, III Sez. Civile) ha smentito definitivamente l’orientamento di cui sopra sostenendo che l’art. 2052 cod. civ. è inapplicabile alla selvaggina il cui stato di libertà è incompatibile con qualsiasi obbligo di custodia da parte degli enti pubblici territoriali. All’opposto, trova applicazione l’art. 2043 cod. civ. (responsabilità per fatto illecito) ossia il principio generale della responsabilità extracontrattuale anche per quanto riguarda l’onere della prova.
  5. Già nel 2001, la Corte Costituzionale ha ritenuto non sussistere un’irragionevole disparità di trattamento tra il privato proprietario di un animale domestico o in cattività (che risponde dei danni secondo il criterio dell’art. 2052 cod. civ.) e la Pubblica Amministrazione nel cui patrimonio sono ricompresi gli animali selvatici: i danni prodotti da questi ultimi costituiscono un evento naturale di cui la comunità intera deve farsi carico secondo il regime ordinario di imputazione della responsabilità civile di cui all’art. 2043 cod. civile.

A questo punto, scritte senza esito positivo le lettere di messa in mora delle Pubbliche Amministrazioni coinvolte, nella sua relazione finale, l’avvocato incaricato ci spiega che ci sono tre oneri della prova da superare per sostenere, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., la causa in giudizio:

  1. dimostrare il nesso causale tra la condotta dell’animale selvatico oggetto di proprietà pubblica e i danni riportati dal furgoncino guidato da Arminio. In base agli elementi in nostro possesso, questo onere della prova può considerarsi integrato positivamente;
  2. dimostrare un concreto comportamento colposo ascrivibile all’ente pubblico ossia una colposa omessa adozione delle misure necessarie ad impedire l’evento dannoso (recinzione, reticolati, segnali stradali, ecc.);
  3. dimostrare la responsabilità dell’ente cui sono stati concretamente affidati i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata. In altre parole, il nostro assicurato dovrebbe dimostrare che la Regione, o la Provincia o altro ente pubblico dispongano di un’autonomia decisionale sufficiente ad adottare tutte le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare i rischi di danni a terzi.

La Regione ha risposto che, considerata la vastità dell’estensione dell’area boschiva, è impossibile recintare l’intero sito. L’assenza di segnali di pericolo è dovuta al fatto che, in passato, in termini percentuali, i casi verificatisi sono stati esigui e non hanno giustificato simili interventi.

In relazione soprattutto agli ultimi punti 2) e 3) della relazione conclusiva dell’avvocato, d’intesa con il titolare dell’azienda nostro assicurato, abbiamo deciso di archiviare la pratica senza ulteriori seguiti.

Il prodotto: “DAS Circolazione Business”; valore della lite: (solo danni materiali) 4.196,07 Euro; durata della controversia: 6 mesi; spese legali sostenute da DAS (solo fase stragiudiziale): 1.700,00 Euro.

 

di Walter Brighenti – DAS

Questo articolo trae spunto da un caso reale, ma ogni riferimento è puramente casuale

DASy

Ciao sono DASy!

Hai bisogno di aiuto?