Da circa un anno e mezzo lo smart working è entrato nella realtà quotidiana di milioni di lavoratori, a seguito delle limitazioni alla libertà di circolazione imposte dalla diffusione della pandemia da Covid-19.
Liberi professionisti e dipendenti, pubblici e privati, si sono trovati, quasi da un giorno all’altro, a dover riorganizzare i propri spazi casalinghi e adattarli ad ambienti di lavoro. Se in un primo momento questa svolta forzata ha provocato non pochi disagi (vale la pena ricordare che si è passati, nel giro di una settimana, da circa 570mila smart workers a circa 6,5 milioni di persone che lavoravano da remoto), da ultimo ha aperto al mondo del lavoro opportunità decisamente interessanti.
Se infatti alcuni settori dell’informatica, come copywriter o web designer, già da tempo sfruttano le potenzialità dello smart working, altre categorie, come psicologi o commercialisti, abituati ad avere un contatto dal vivo con il cliente, si sono dovute in un certo senso reinventare.
Oggi infatti il professionista, al contrario di quanto avveniva in passato, deve molto più spesso interfacciarsi con il cliente attraverso uno schermo, e questo implica avere sempre a disposizione una piattaforma digitale adeguata a cui poter accedere da qualunque dispositivo, senza pregiudicare la qualità del servizio offerto.
La presa di coscienza del professionista verso la mobilità è dunque sempre maggiore, come mostrato da una ricerca dell’Osservatorio professionisti e innovazione digitale del Politecnico di Milano, secondo cui, su un campione analizzato di 4.113 studi di commercialisti su tutto il territorio nazionale, oramai il 51% consente di lavorare in mobilità, collegandosi al gestionale dello studio. Dallo stesso studio emerge che, riguardo le altre professioni, il 49% tra gli avvocati e i consulenti del lavoro ha adottato lo smart working come possibilità di lavoro e negli studi multidisciplinari questa percentuale sale addirittura al 64%. Sempre secondo l’Osservatorio, lo smart working, utilizzato in modo corretto, aumenta la produttività e la resa. I principali miglioramenti sul lavoro delle persone che usufruiscono della modalità agile riguardano la produttività (+44%), il livello di autonomia (+37%), l’efficacia del lavoro (+33%) e la gestione delle urgenze (+27%).
Smart working: pro e contro
Ovviamente lavorare in remoto presenta, oltre a indubbi vantaggi, anche qualche criticità.
Vediamo prima di tutto i vantaggi:
- È possibile innanzitutto risparmiare tempo per gli spostamenti. Potenzialmente il passaggio dalla vita privata alla vita lavorativa e viceversa è immediato, con la possibilità quindi di gestire più lavori o commissioni;
- Si tende a sviluppare una maggiore autonomia e un maggior senso di responsabilità, non potendo contare facilmente su un appoggio immediato da parte di un collega o di un superiore;
- Si risparmia anche a livello economico, non dovendo pagare mense, bar, ristoranti, mezzi di trasporto o parcheggi;
- Quando si partecipa a riunioni online, di solito si tende a ottimizzare i tempi, a essere più concisi, non potendo perdersi tra chiacchiere e caffè di fine meeting, e tutto ciò porta ad aumentare inevitabilmente la produttività.
Parlando invece di difficoltà:
- A casa possono presentarsi limiti tecnologici, dovuti a una connessione debole, a sistemi di cybersecurity carenti, o più banalmente a strumenti di lavoro non adeguati, come un laptop con uno schermo piccolo o una stampante obsoleta;
- Aumentano le possibilità di distrarsi, dal vicino rumoroso al figlio piccolo che ha bisogno di attenzioni, e può subentrare la tendenza a procrastinare all’ultimo momento le incombenze (c.d. sindrome dello studente);
- Può mancare uno spazio di lavoro adeguato e confortevole, o ci si può trovare forzatamente a condividere lo stesso spazio con un altro smart worker, dovendo affrontare una convivenza non sempre facile;
- Può essere difficile separare nettamente vita privata e lavoro, venendo a mancare tutti i rituali tipici del lavoratore medio, come vestirsi, uscire di casa, prendere i mezzi e recarsi in ufficio. Questo implica non avere una percezione netta di quando iniziare e quando staccare, essendo la gestione degli orari assolutamente a discrezione del lavoratore. Il rischio concreto è di essere sempre a disposizione e mai realmente immersi nel lavoro, o addirittura scivolare in una condizione di overworking, in cui si è sempre collegati e sempre focalizzati sul lavoro, trascurando la propria vita privata.
Tralasciando la situazione d’emergenza di marzo 2020, in cui la maggioranza degli smart workers ha dovuto praticamente inventarsi l’ufficio in casa, per il futuro ci sono alcuni piccoli accorgimenti che possono essere presi per migliorare sensibilmente il lavoro in remoto:
- È essenziale separare quanto più possibile lo spazio e gli oggetti lavorativi da quelli casalinghi;
- Anche creare uno spazio lavorativo adeguato è essenziale: senza scendere nello specifico, dotarsi di un supporto per il laptop o di una lampada con un’illuminazione corretta può essere determinante per rendere il lavoro meno faticoso;
- A livello organizzativo occorre darsi delle priorità, non solo lavorative, pianificare gli obiettivi e creare tappe intermedie più raggiungibili e sfidanti;
- È fondamentale non essere sempre collegati e a disposizione, poiché è risaputo che il giusto riposo aiuta la produttività;
- Per gestire le comunicazioni tra colleghi e clienti è importante utilizzare piattaforme organizzate e condivise.
Ma parlando di futuro, cosa ci si può aspettare in tema di lavoro agile nei prossimi mesi, o anni?
Quella che ci si presenta può essere una grande opportunità. Lo smart working utilizzato in maniera sensata può seriamente ridistribuire equilibri e ricchezze e permettere di ripensare dalle fondamenta le condizioni infrastrutturali dei nostri lavori. Occorre però avere alcune accortezze, come lo sviluppo di un lavoro veramente sostenibile, che punti all’ottimo e che prescinda dal paradigma “più lavoro = più guadagno”, con un bilanciamento equilibrato tra vita privata e lavorativa. Per questo sono necessari da un lato un cambiamento culturale che superi il modello statico e accentratore tipico dell’impresa vittoriana e dall’altro un quadro giuridico e contrattuale adeguato a gestire lo smart working su larga scala. Da ultimo, e forse questo è il vero punto focale di tutto il discorso, è fondamentale non considerare il lavoro agile solamente come una soluzione a un imprevisto. Quello che abbiamo davanti a noi può essere l’input di una rivoluzione del nostro concetto di vita quotidiana che inevitabilmente andrà a creare nuovi bisogni, nuovi equilibri e un profondo cambiamento. Sta a noi decidere se ascoltarlo, comprenderlo e accompagnarlo nel futuro.
del Dott. Dario Ferla; Villa Roveda e Associati