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TUTELA DELLA REPUTAZIONE ONLINE: CASI E RIMEDI

tutela della reputazione online

Oggi su internet è possibile reperire numerosissime informazioni che riguardano professionisti, che possono minare la tutela della reputazione online: oltre a quanto immesso dai diretti interessati (siti internet, pagine social, ecc.), vi sono una serie di contenuti potenzialmente falsi o comunque lesivi che sfuggono al loro controllo.

È il caso, ad esempio, di recensioni e commenti pubblicati su social network, pagine generaliste oppure siti specializzati. Dall’altra parte, è possibile che una ricerca sul web dia risultati che, per quanto effettivamente corrispondenti al vero, siano molto risalenti oppure “ribaltati” da accadimenti successivi (come la notizia di un arresto superata dalla successiva assoluzione nel merito). Nell’ambito di siffatte fattispecie l’intervento dell’esperto può fare la differenza: attraverso la ricostruzione di due casi pratici ripercorreremo i passi da intraprendere e le misure da adottare.

 

La recensione mendace e diffamatoria online: il caso “bed & breakfast”

 

È ormai noto il meccanismo di funzionamento delle piattaforme di valutazione e recensione delle attività commerciali: partite diversi anni fa come strumento per far sentire la voce della clientela, al di là degli slogan e delle pubblicità promosse dagli esercizi, negli ultimi tempi sono state sottoposte (anche) ad un uso distorto da parte dell’utenza.

Sono infatti sempre più frequenti i casi di clienti che non segnalano eventuali problematiche del servizio immediatamente al gestore, ma riservano la critica “a freddo” ad un successivo momento, dedicando una recensione negativa. Altri casi, più gravi, arrivano ai limiti dell’estorsione: alcuni avventori chiedono sconti da applicare al conto finale, pena un commento poco lusinghiero (quand’anche infondato) sui social; altri ancora, influencer o sedicenti tali, richiedono prestazioni gratuite od omaggi a fronte della pubblicazione di un post pubblicitario sulla propria pagina, mentre in caso contrario procedono (anche loro) con un dislike. Tutte condotte che possono avere anche una rilevanza penale.

Il caso che ci occupa si pone sul limite di quanto premesso: si tratta della recensione di un bed & breakfast pubblicata da due ospiti che, pur descrivendo in termini positivi la propria esperienza, riportavano di aver subito un furto di denaro contante e gioielli all’interno della propria stanza. Più precisamente, nel post pubblicato su una delle più famose piattaforme di recensioni utilizzate, veniva adombrata una responsabilità direttamente in capo ai due proprietari-gestori del b&b, in quanto non vi era altro personale di servizio deputato al riordino delle camere.

I proprietari decidevano dunque di procedere con una denuncia-querela nei confronti dei soggiornanti, evidenziando una serie di circostanze da cui si poteva dedurre non solo l’infondatezza delle insinuazioni dei clienti, ma anche il danno reputazionale subito.

Segnatamente, veniva rappresentato che i recensori lamentavano la sparizione di alcuni preziosi solo nello scritto online, mentre al momento in cui avevano lasciato la struttura non avevano segnalato alcuna mancanza. Inoltre (e ciò è ancor più rilevante) si sottolineava la contraddittorietà delle affermazioni riportate sulla recensione in merito alla localizzazione dei preziosi: non era chiaro se fossero stati riposti nella cassaforte (in dotazione presso ogni stanza della struttura) ovvero lasciati in borse o armadi, in quanto pareva che i recensori alludessero al fatto che i proprietari del b&b avessero inopinatamente utilizzato il passpartout delle casseforti per apprendere i beni. Tale circostanza non poteva essere plausibile, perché in caso di utilizzo del passpartout il sistema avrebbe resettato il codice dell’apparecchio (vale a dire quello impostato dagli utilizzatori), pertanto quando la cassaforte fosse stata aperta in un momento successivo sarebbe stato agevole avvedersi del fatto che, appunto, la stessa era stata resettata o addirittura sarebbe stata trovata aperta.

Sulla base della denuncia sporta dai proprietari della struttura veniva instaurato un procedimento penale (peraltro in tempi piuttosto rapidi) a carico dei recensori per il reato di diffamazione aggravata: infatti, la pubblicazione su internet di scritti diffamatori viene equiparata alla pubblicazione sulla stampa, circostanza che integra l’aggravante specifica.

Proprio sulla scorta dei precisi elementi (in prima battuta) a discarico offerti dai gestori del b&b il Tribunale ha ritenuto i due recensori colpevoli del reato loro ascritto, condannandoli ad una pena pecuniaria, con sospensione condizionale subordinata al pagamento della provvisionale immediatamente esecutiva a titolo di risarcimento del danno in favore delle persone offese, nonché alla refusione delle spese del giudizio.

Successivamente, le parti raggiungevano un accordo transattivo (comprendente, tra l’altro, la rimozione della recensione online ed una rettifica) con remissione della querela ed estinzione del procedimento penale.

Il caso esaminato costituisce un esempio diretto di tutela in sede penale della reputazione online: alla fine, viene raggiunto il risultato pratico della rimozione del post e del ripristino della situazione ante causam, unitamente ad un congruo risarcimento. L’analisi della fattispecie in questione consente di rilevare che, avendo a disposizione argomentazioni forti ed elementi di fatto di segno contrario rispetto alla recensione diffamatoria, è possibile ottenere un vero e proprio “ribaltamento” della situazione. La vicenda del b&b è davvero significativa, in quanto la recensione negativa non conteneva solo un’opinione sull’esperienza di soggiorno, ma addirittura poneva a carico degli esercenti un sospetto di furto.

Pertanto, in caso di post lesivi della propria reputazione, soprattutto quando superano certi livelli di gravità, è assolutamente opportuno tutelarsi (anche) in sede penale, in quanto l’utente “medio” del web, seppure dalla critica facile, non è un “criminale incallito” abituato a frequentare le aule di giustizia: la sola contestazione da parte della Procura della Repubblica ha un’efficacia penetrante sia come rimedio immediato, sia come deterrente per il futuro.

 

degli Avv.ti Giovanni Briola e Mario Arienti; Studio Legale Briola & Partners S.r.l.-S.T.A.

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