Dal 2015, 193 Paesi hanno sottoscritto l’Agenda ONU 2030: un insieme di 17 macro-obiettivi, tra loro fortemente interconnessi, che si occupano di sviluppo sostenibile, benessere umano e uguaglianza.
Tra i punti dell’Agenda ONU 2030 ce n’è uno, il numero 16, dedicato a “Pace, giustizia e istituzioni solide”. Sotto a questo titolo rientrano tutte le iniziative vòlte a “promuovere società pacifiche e più inclusive; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti, responsabili e inclusivi a tutti i livelli”.
Come per ogni obiettivo stabilito dall’Agenda ONU, anche il sedicesimo è a sua volta suddiviso in target, strumenti d’attuazione e indicatori che monitorino la situazione Paese per Paese. Uno di questi recita, testualmente, “ridurre sostanzialmente la corruzione e la concussione in tutte le loro forme”.
Il nesso tra processo di acquisto di servizi e corruzione
Tipicamente, i processi di acquisto di servizi possono portare a fattispecie di corruzione: infatti è possibile, acquistando un servizio a un corrispettivo che è maggiore del reale valore di mercato, generare una provvista di risorse che potrebbe essere utilizzata per fini corruttivi. Applicare degli standard di trasparenza a questi processi diventa quindi un’arma importante per combattere la corruzione. L’argomento è stato trattato anche durante una delle dirette di Das “La parola agli esperti”, dedicata proprio alla sostenbilità nel mercato legale e assicurativo.
Per combattere la corruzione, e, di conseguenza, perseguire l’obiettivo di creare veramente un luogo di lavoro sostenibile, anche i processi con cui si acquistano i servizi di un collaboratore esterno giocano un ruolo determinante.
C’è di più: essendo la sostenibilità un concetto circolare, non basta, per un qualsiasi operatore, sia esso professionista, impresa o altro attore, garantire di essere sostenibile al suo interno. Ciascuno deve assicurarsi che anche i propri stakeholder, in particolare i suoi fornitori, siano a loro volta sostenibili e attenti alle tematiche ESG.
Sostenibilità e fornitori di servizi legali
Nel mercato legale, sempre più aziende valutano concretamente se gli studi professionali con cui lavorano siano a loro volta sostenibili e sensibili ai temi dell’Agenda ONU 2030. La sostenibilità sta entrando, dunque, nei processi di selezione con cui le aziende scelgono i collaboratori esterni, e ogni professionista che vuole posizionarsi sul mercato e, possibilmente, restarci, deve indirizzare le proprie risorse verso un percorso di sostenibilità. Non è più pensabile, per un avvocato, che le conoscenze tecniche siano l’unica cosa ricercata dalle imprese: sempre più organizzazioni pretendono, dai loro consulenti esterni, l’adozione di policy virtuose (per esempio, forme di tutela della maternità, corretta separazione tra sfera professionale e sfera privata, uguaglianza di genere, impatto ambientale sotto controllo). È chiaro che se non si investe in sostenibilità, ci si ritrova inadempienti alle richieste di mercato, e, di conseguenza, fuori dai giochi.
In questo scenario si è obbligati, volenti o nolenti, ad adottare comportamenti sostenibili: è l’unico modo, per uno studio legale, per essere visibile. Servono iniziative concrete sulla base delle quali ottenere l’accettazione a operare da parte del mercato. Anche se si è in disaccordo con questo sistema, aderire a questo paradigma è l’unico modo per restare a galla, e si diventa sempre più sostenibili o perché ci si crede veramente o perché si è forzati a farlo dal mercato stesso. Talvolta, la necessità di cambiare è uno stimolo molto più efficace della coscienza.
di Dott. Lorenzo Garbi; Pronext