In alcuni contratti, in particolar modo quelli assicurativi, nel glossario e nelle condizioni generali è possibile imbattersi nella parola carenza.
In senso tecnico-assicurativo il periodo di carenza individua quel periodo di tempo che va dalla sottoscrizione del contratto all’inizio dell’operatività effettiva di una certa garanzia. Un periodo in cui, appunto, la copertura è quindi assente, come suggerisce il senso comune della parola carenza.
Le clausole di carenza vengono solitamente inserite per casi specifici ove è più frequente che il rischio, seppur connesso a fatti antecedenti alla polizza, si renda manifesto dopo e sono quindi sostanzialmente volte ad evitare comportamenti opportunistici.
Ad esempio, nelle polizze vita l’assicurato può scegliere di sottoporsi ad una visita specifica ed accedere ad un contratto senza clausola di carenza; viceversa, se sceglie di auto dichiarare il proprio stato di salute, l’assicurazione per un certo lasso di tempo (la carenza, appunto) si riserva di rimborsare solo i premi versati e non il capitale assicurato.
Nell’ambito del diritto del lavoro, il termine carenza individua sempre un periodo di scopertura, che in tale contesto è riferito al lasso di tempo in cui il trattamento economico per i giorni di malattia o di infortunio non vengono presi in carico da Inps, Inail e/o istituti di previdenza e assicurazione del lavoro equipollenti.
In molti contratti di lavoro collettivi, tuttavia, il lavoratore non ne ha una piena consapevolezza perché la mancanza di copertura (la carenza, appunto) nella presa in carico da parte dell’Inps o dell’Inail è compensata da impegni assunti dal datore di lavoro.