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IL WHISTLEBLOWING NEL MODELLO 231

Il whistleblowing è uno strumento che la normativa 231 ha incorporato dal 2017, con la richiesta, alle imprese, di inserire nei propri modelli organizzativi dei sistemi di gestione delle segnalazioni anonime di illeciti, da parte dei dipendenti. 

 

Il whistleblowing è certamente più presente nei paesi anglosassoni, mentre è agli albori nella gran parte d’Europa, Italia inclusa. Nell’ottica di uniformare, a livello UE, la normativa dei Paesi, lo strumento è stato sempre più incoraggiato. 

Nel nostro Paese, le aziende più grandi e organizzate hanno ormai adottato lo strumento e lo utilizzano con profitto, ma nelle PMI rimane poco sfruttato. Non dobbiamo dimenticare che il whistleblowing deve essere inserito in un Modello 231 valido e funzionante, la cui adozione rimane facoltativa, e diverse PMI non se ne servono abitualmente. Ma non solo. 

Non è facile gestire il flusso di segnalazioni delle condotte illecite, ma la vera sfida è garantire la protezione adeguata a chi queste segnalazioni le compie. Proteggere adeguatamente il soggetto segnalante da eventuali ritorsioni, garantendone l’anonimato, è un tema molto delicato. 

L’azienda deve, insomma, gestire soprattutto le conseguenze della segnalazione: deve accertare che la segnalazione sia corretta e veritiera e deve prendere dei provvedimenti nei confronti dei dipendenti che si comportano scorrettamente. 

 

Pur rappresentando una vera sfida dal punto di vista organizzativo, il whistleblowing resta un potente alleato nelle mani dell’imprenditore: l’etica è un parametro di valutazione importante dell’azienda, e questo strumento consente al manager di poter dimostrare alle autorità di avere un sistema di controllo interno efficiente, in grado di intercettare e prevenire eventuali illeciti. 

 

di Avv. De Angelis; Fda Legal Services in Business Law  

 

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