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IL GIUDICATO: LE PAROLE DI DAS

giudicato

Oggi analizziamo un altro termine giuridico che ricorre spesso nelle nostre polizze: il concetto di “giudicato”.

Si scrive spesso che la “sentenza è passata in giudicato”: che cosa significa esattamente questa locuzione?

Passare in giudicato” non sta ad indicare soltanto che il giudice ha deliberato emettendo il suo pronunciamento. È un qualcosa di più: si vuol dire che la statuizione è divenuta definitiva, irreversibile, irrevocabile, e ciò che ha disposto non potrà più essere rimesso in discussione.

Si tratta di un principio molto importante, che appartiene a tutti i sistemi giuridici più democratici e moderni: l’esigenza, avvertita dall’ordinamento, di rendere certi i rapporti tra i consociati senza che questi ultimi possano avanzare nuove rivendicazioni creando insicurezza o confusione.

La scienza del diritto rende questo concetto con l’espressione “ne bis in idem” con la quale si intende affermare che non vi potrà più essere un nuovo processo e un nuovo verdetto sui medesimi fatti dopo che una sentenza è divenuta definitiva. Il nostro ordinamento esplicita questo passaggio con l’espressione “la sentenza (passata in giudicato) fa stato ad ogni effetto tra le parti”. “Ad ogni effetto”: vale a dire “irreversibilmente”.

È un principio importantissimo soprattutto nel campo penale: un imputato, che è stato assolto per il crimine per cui era stato indagato, non potrà più essere processato o condannato per quello stesso fatto. Ad un certo punto, il sistema ha bisogno di chiarezza e di stabilità: la verità processuale (comunque accertata) prevale sulla verità sostanziale e viene assunta a verità definitiva.

Quanti film gialli e quanti romanzi polizieschi sono stati ideati su questo aspetto: il furfante che riesce a farla franca e, assolto, non può più essere perseguito dalle autorità. Certo, ci si augura che questo non accada mai. Per tale ragione, esistono dei correttivi pensati per scongiurare il rischio del processo errato come lo strumento della “revisione”, ma sono casi eccezionali e straordinari che operano solo in un limitato numero di ipotesi. Si pensi alla prova decisiva che era stata occultata o al testimone chiave che era stato costretto a tacere… Si pensi anche al caso del giudice corrotto. Situazioni marginali, dunque.

 

Ma quand’è che una sentenza diviene definitiva?

 

Una sentenza diviene definitiva quando non può più essere impugnata.

Una sentenza è inoppugnabile quando si sono esauriti tutti i gradi di giudizio (in Italia ve ne sono tre) oppure quando sono scaduti i termini per fare ricorso contro la stessa.

Si comprende, quindi, la perfezione del sistema: può accadere che una sentenza sia sbagliata e allora l’avvocato ha la possibilità di fare appello ben due volte (con dei limiti) per invertire il contenuto di quella decisione, ma non può farlo all’infinito: deve rispettare dei tempi, decorsi i quali la sentenza si “cristallizza” e diventa “giudicato”.

La polizza di tutela legale non può proteggere comportamenti penalmente rilevanti, ma può accadere che una persona sia stata ingiustamente processata.

Quando ciò accade, l’assicurazione di tutela legale resta sospesa e attende l’esito definitivo del processo. Assolto l’imputato perché è stato accertato che era innocente, registrata la sentenza di assoluzione contro la quale non è più possibile fare nulla, la polizza di tutela legale tornerà ad essere operativa con efficacia retroattiva coprendo tutte le spese sostenute dall’assicurato per la propria difesa nei vari gradi di giudizio.

La funzionalità sociale dell’intero meccanismo, con le sue categorie ordinatrici, si regge sul caposaldo del “giudicato sostanziale” e della sua efficacia “preclusiva-negativa”: una volta divenuto definitivo, l’accertamento giudiziale non può più essere scalfito e le situazioni giuridiche soggettive possono considerarsi regolate per sempre in modo duraturo.

DASy

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