Una recente ed importante sentenza della Corte di Cassazione (Cass., sez. IV, 17 marzo 2021, n. 10183) ha affermato, in una sua ratio decidendi, la seguente massima: “l’imputato che eccepisce la nullità (determinata dall’assenza di avviso di farsi assistere da un difensore) del prelievo ematico per l’accertamento dello stato di ebbrezza alcolica non è tenuto a provare che l’esame è intervenuto su richiesta della polizia giudiziaria e non nell’ambito di un protocollo sanitario”.
Che cosa significa tutto ciò? Vediamo di fare chiarezza su alcuni aspetti.
Come è noto, la guida in stato di ebbrezza per alcol e droga costituisce un’aggravante in caso di incidente stradale con lesioni anche mortali. In particolare, l’art. 186 del C.d.S., comma 2 lett. b), prevede l’incriminazione in caso di guida di un veicolo con un tasso alcolemico superiore ad un determinato parametro statuito dalla legge, stabilisce sia una pena detentiva che una pecuniaria, la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo e la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.
Il punto centrale della norma è, quindi, l’accertamento del tasso alcolemico.
Pertanto, la rilevazione ematica del tasso alcolemico (o della presenza di sostanze psicotrope) costituisce aspetto di non secondaria importanza, soprattutto nel momento in cui l’esito dell’analisi biologica diventi una prova a carico dell’imputato.
Non parliamo tanto del caso della prova dell’etilometro − che rileva il tasso alcolemico anche senza un prelievo del sangue, e per il quale è indispensabile una corretta calibratura dell’apparecchiatura nonché l’omologazione da parte di soggetti accreditati − bensì ci riferiamo al caso più specifico in cui il responsabile dell’incidente stradale sia stato anch’esso ferito e ricoverato in ospedale.
La documentazione medica può essere acquisita come prova nel processo penale?
È la domanda che ci si pone e alla quale cerchiamo ora di dare una risposta. Innanzitutto, la condizione di partenza è che ci si trova di fronte ad un presunto responsabile, ferito, ricoverato in ospedale, che non è nella condizione di intendere e di volere e che non può autonomamente acconsentire ad alcun trattamento sanitario. Non solo. Non è neppure nella condizione di chiedere l’intervento di un avvocato difensore affinché controlli che la sua posizione non venga ulteriormente aggravata.
Si aprono due ipotesi:
- POLIZIA GIUDIZIARIA: le autorità di polizia chiedono ai medici di verificare lo stato di ebbrezza del paziente ricoverato in ospedale sottoponendolo ad un prelievo ematico;
- PROTOCOLLO SANITARIO: il prelievo ematico è eseguito autonomamente dal personale medico nell’ambito di un preciso protocollo sanitario per scopi di cura e l’analisi specifica dell’alcol nel sangue è necessaria per finalità meramente terapeutiche e non giudiziarie;
e queste sono le conseguenze processuali:
- nel caso 1) va sempre dato avviso del diritto all’assistenza difensiva e se tale avviso non è stato dato o non poteva essere correttamente compreso dal destinatario, l’esito delle analisi è inutilizzabile come prova a carico (nullità eccepibile in sede processuale);
- nel caso 2) la prova è utilizzabile contro il paziente, ma è onere dell’accusa dimostrare che il test non è avvenuto per esigenze investigative e giudiziarie bensì nell’ambito delle procedure e dei protocolli in uso presso la struttura sanitaria che ha in cura il presunto responsabile.
Quanto al caso 1., la prova dell’avviso del diritto all’assistenza difensiva può essere data in due modi, ma solo la prima modalità è la più garantista per l’indagato:
- l’avviso del diritto all’assistenza difensiva risulta per iscritto dal verbale di polizia e di esso vi è piena consapevolezza da parte dell’interessato (perché non era in stato di incoscienza);
- l’avviso del diritto all’assistenza difensiva risulta dalla testimonianza dell’agente di polizia giudiziaria in servizio ancorché su dichiarazioni non verbalizzate.
La Corte di Cassazione ha concluso che l’onere della prova grava sempre sull’accusa e non sulla difesa: “non incombe sul soggetto che subisce l’accertamento (esame ematochimico) l’onere di dimostrare circostanze dalle quali ricavare che l’adempimento (dell’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore) era necessario”.
A queste condizioni, secondo il Supremo Collegio, la documentazione medica può essere acquisita come prova nel processo penale.
di Walter Brighenti – DAS