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DOGANA, IMPORTAZIONI E ASSICURAZIONE: FOCUS LEGALE

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Pensiamo alla situazione assai frequente in cui un soggetto (persona fisica o giuridica) decida di acquistare dall’estero prodotti finiti (o anche solo pezzi di ricambio). In questo caso, il soggetto importatore si rivolgerà a uno spedizioniere che opera in dogana per espletare tutte le operazioni – prima fra tutte il pagamento dei diritti relativi all’importazione – necessarie per consentire lo sdoganamento e il ritiro della merce acquistata.
L’importatore, quindi, si sentirà a posto quando avrà ritirato la sua merce, anche perché nella maggior parte dei casi ha preventivamente fornito al proprio spedizioniere/dichiarante la provvista di denaro necessaria al pagamento dei diritti doganali. Tutto bene, allora?
No, proprio per niente: la coscienza tranquilla è un’invenzione del diavolo!

 

Talvolta, infatti, ci illudiamo di poter stare tranquilli solo perché abbiamo fatto ciò che dovevamo, sol perché abbiamo adempiuto la nostra obbligazione (o meglio, ciò che credevamo essere la nostra obbligazione).
Ma non sempre le cose sono così semplici. La coscienza tranquilla ci può ingannare, può impedirci cioè di avere una visione completa delle cose, uno sguardo panoramico.
E comprendiamo finalmente le parole di Oscar Wilde, che lucidamente notava che “la coscienza ci rende tutti egocentrici”.
Ma cosa c’entra questa riflessione con la materia assicurativa? C’entra, c’entra molto.

 

Spesso, infatti, il dichiarante doganale (il soggetto cioè che materialmente esegue le operazioni per conto degli importatori), se vuole beneficiare della possibilità di operare agevolmente in dogana, apre un conto di debito sul quale poter effettuare operazioni in forma agevolata, ottenendo cioè la libera disponibilità della merce senza il preventivo pagamento dei diritti liquidati. Naturalmente la dogana annota l’ammontare degli importi dovuti sul conto di debito e periodicamente chiede il pagamento al dichiarante doganale titolare del conto suddetto.
È importante considerare che la concreta operatività di questo meccanismo di facilitazione (“pagamento periodico/differito”) è subordinata al rilascio di una cauzione da parte di un Istituto assicurativo, che generalmente provvede a garantire il conto di debito con una polizza fideiussoria, per un massimale determinato.
Ecco, quindi, quel che succede nella pratica: la dogana consente a ogni dichiarante che usufruisce di un conto di debito garantito di operare fino a che il debito maturato non raggiunge il massimale garantito. Non appena questa soglia debitoria viene raggiunta, la dogana revoca il conto di debito e chiede al dichiarante doganale di rientrare immediatamente dal proprio debito; se il dichiarante non paga, la dogana escute la polizza fideiussoria e recupera i diritti rimasti inevasi mediante il pagamento dell’Istituto assicurativo.
Bene, direte voi, tutto torna al proprio posto: l’importatore riceve e utilizza la merce per la quale aveva versato i diritti al proprio dichiarante doganale, la dogana riceve dall’assicurazione quanto le spetta a seguito dell’inadempimento del dichiarante doganale, la Compagnia assicurativa sostiene l’onere finanziario dell’inadempimento del dichiarante doganale, potendo imputare solo a sé stessa l’imprudenza di aver garantito un soggetto rivelatosi poi inaffidabile.
E invece no. Le cose non stanno affatto così e molti importatori (soprattutto quelli che bazzicano saltuariamente in dogana) se ne accorgono solo quando lo spedizioniere che avevano scelto è scappato via con la cassa, cioè con la provvista che aveva ricevuto dagli importatori per pagare i diritti doganali.

 

Il rapporto tra spedizioniere e debitore in dogana

 

La disciplina che adesso riassumerò ad ampi cenni è stata tracciata da due famosissime sentenze delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione del 1993 e questo orientamento non è stato più modificato dal Supremo Collegio.
L’Assicurazione che ha garantito il conto di debito, infatti, dopo aver pagato la dogana si surroga nella medesima posizione di quest’ultima e può pretendere il rimborso di quanto versato non soltanto rivolgendosi allo spedizioniere/dichiarante doganale che non aveva pagato i diritti, ma anche agli importatori per conto dei quali quelle operazioni erano state eseguite.
E perché? Perché il debito erariale rimasto impagato è un debito solidale, nel senso che la dogana può richiederlo a sua scelta a uno dei due debitori (lo spedizioniere/dichiarante o l’importatore che ha usufruito delle merci sdoganate). La dogana, per ovvi motivi di celerità, preferirà chiedere il pagamento all’Assicurazione che ha garantito lo spedizioniere/dichiarante, cosicché l’Assicurazione stessa, surrogatasi nei medesimi diritti vantati dalla dogana (“divenuta” cioè dogana) può agire in regresso nei confronti degli stessi soggetti che sono debitori della dogana, cioè lo spedizioniere/dichiarante e l’importatore che ha usufruito delle merci sdoganate.
Ma così – direte – l’importatore che aveva fornito la provvista allo spedizioniere infedele potrebbe esser costretto a pagare due volte gli stessi diritti doganali?
Sì, è così, perché l’aspetto giuridicamente rilevante consiste nella posizione di debitore erariale che caratterizza solidalmente l’importatore e lo spedizioniere: se quest’ultimo non paga, la dogana può scegliere di chiedere il pagamento dei diritti anche all’importatore che concretamente usufruisce delle merci sdoganate; quindi la Compagnia assicuratrice, surrogatasi nella medesima posizione della dogana a seguito del pagamento, può agire in regresso nei confronti di entrambi i debitori solidali erariali, a sua scelta.

 

Il ruolo dell’assicurazione in dogana

 

Ma scusate, si potrebbe dire, qual è allora il rischio che la Compagnia assume garantendo il conto di debito dello spedizioniere/dichiarante doganale?
Bella domanda. L’Assicurazione non assume il rischio dell’eventuale inadempimento dello spedizioniere/dichiarante doganale, ma il rischio del mancato recupero delle somme da parte di importatori che neppure conosce al momento del rilascio della garanzia. Ricordiamo, infatti, che il conto di debito viene garantito preventivamente, quando ancora non sono state effettuate le operazioni con riferimento alle quali lo spedizioniere non pagherà i relativi diritti.
Voglio esser chiaro: questi meccanismi sono noti a tutti coloro che operano abitualmente in dogana, i quali sanno bene che la Suprema Corte ha delineato questa disciplina sollecitando gli importatori a scegliere con molta attenzione i propri spedizionieri/dichiaranti, perché è ormai pacifico che l’importatore è di fatto il pagatore di ultima istanza.
È troppo importante, infatti, che le operazioni doganali vengano effettuate celermente (col meccanismo del pagamento periodico/differito) e che siano efficacemente garantite (per non addossare sull’erario, cioè sulla cassa comune, eventuali inadempimenti del dichiarante doganale), e allora si è scelto di “responsabilizzare” gli importatori… Solo che non tutti lo sanno, quindi i “meno avvezzi” rimangono sorpresi dal vedersi chiedere – da una Compagnia con cui non hanno mai avuto a che fare e per una garanzia che non sapevano neppure esistesse – il versamento di un importo che avevano già diligentemente corrisposto al proprio spedizioniere/dichiarante.
Questi sono i rischi che si corrono a sentirsi tranquilli, con la coscienza a posto, considerando solo il ristretto orizzonte del proprio orticello. “La coscienza ci rende tutti egocentrici”, ricordiamocelo.

 

Di Avv. Lucio Bongiovanni; Studio Legale Bongiovanni

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