Riflessioni sulla rivendicazione da parte del potere giurisdizionale del diritto di “riequilibrare” le prestazioni corrispettive dei contratti influenzati dagli effetti dell’emergenza pandemica: quali opportunità e rischi.
In un recente contributo pubblicato sempre su questo portale abbiamo fatto cenno ad alcune pronunce giurisprudenziali che, nella considerazione dell’inadeguatezza dei rimedi offerti dall’ordinamento per risolvere – se non in senso dissolutivo del rapporto contrattuale – le controversie insorte a seguito dell’inadempimento di una delle parti giustificato dalle conseguenze della pandemia, hanno riconosciuto al giudice il potere di intervenire sul contratto ridefinendone ed imponendone alle parti – di norma solo temporaneamente – le condizioni economiche.
Un simile orientamento ha trovato al momento manifestazione quasi esclusivamente in materia di contratti di locazione ed affitto di ramo di azienda, quelli che sicuramente più di altri hanno risentito della inadeguatezza degli interventi normativi emessi in costanza della pandemia e degli effetti della stessa.
Interventi del giudice a ridefinire le condizioni contrattuali
Tale indirizzo giurisprudenziale – come vedremo non uniforme e decisamente disatteso da altre coetanee pronunce – denuncia nella varietà e non omogeneità delle sue manifestazioni, anche i suoi limiti.
La rivendicazione del diritto da parte del giudice di intervenire in modo così decisivo ed autoritario sull’originario regolamento condiviso dalle parti, mortificando in tal modo uno dei principi cardini della disciplina sui contratti e, segnatamente, il principio di autonomia contrattuale espresso dagli artt. 1322 e 1372 del Codice civile, trova la sua matrice nell’invocazione dell’applicazione di principi e regole di correttezza e buona fede in senso oggettivo.
Si tratta, tuttavia, come è facilmente desumibile, di principi e regole che se applicate in senso modificativo della disciplina contrattuale, si prestano a decisioni che, ben lungi dall’essere orientate dall’applicazione di criteri oggettivi, sono essenzialmente dettate da valutazioni soggettive del giudicante o, nella migliore delle ipotesi, legate ad un richiamo a non meno generici principi di “equità”; principi questi ultimi dei quali peraltro il nostro ordinamento legittima l’applicazione solo in casi eccezionali e tassativi.
Da qui decisioni nelle quali i giudici hanno rideterminato in modo del tutto soggettivo e non uniforme l’ammontare dei canoni di locazione dovuti dal conduttore per una determinata durata del contratto di affitto:
- Il Trib. di Roma nell’ordinanza del 27 agosto 2020 sez. VI, ad esempio, ha imposto una riduzione dei canoni locatizi del 40% per i mesi di aprile e maggio del 2020 e del 20% per tutti il periodo compreso da giugno 2020 a marzo 2021;
- Il Trib. di Venezia nell’ordinanza del 28 luglio 2020 ha accolto la richiesta di riduzione del canone avanzata dal conduttore, invitando tuttavia alle parti ad avviare la procedura di mediazione – comunque obbligatoria in materia di controversie locatizie – affinché trovassero un accordo sull’entità della riduzione e riservandosi in difetto di intesa di intervenire egli stesso sul rapporto contrattuale;
- Sempre il Trib. di Roma con l’ordinanza del 15 gennaio 2021 ha invitato anch’esso le parti a trovare una intesa negoziale in merito alla rideterminazione temporanea dei canoni, tuttavia rappresentando che non è compito del giudice procedere in tal senso ma unicamente valutare la sussistenza o meno di una valida giustificazione dell’inadempimento del conduttore causato dall’emergenza pandemica;
- Altri Tribunali si sono allineati in modo peraltro come detto non omogeneo a tale orientamento (Trib. Bologna ordinanza del 12 maggio 2020; Trib. di Rimini ord. Del 25 maggio 2020; Trib. di Bologna ordinanza del 4 giugno 2020).
È di tutta evidenza, quindi, come tali pronunce ben lungi dall’offrire un rimedio certo ed oggettivo alla risoluzione di simili controversie, rischiano di prestarsi invero a strumentalizzazioni e comportamenti dilatori, e in ogni caso nella varietà e disomogeneità delle loro manifestazioni, a creare ulteriore confusione e sfiducia nell’efficacia dell’intervento giurisdizionale.
Tuttavia, non manca giurisprudenza in senso opposto
Non mancano per contro decisioni che dissentono dall’applicazione di un simile orientamento e, ancorate ad una forse rigida, ma certamente più definita, applicazione dei principi generali dell’ordinamento, si astengono da qualsivoglia intervento modificativo sul contratto limitandosi a valutare se sussistano, attraverso una rigorosa applicazione delle regole prescritte dal Codice civile (artt. 1218, 1256 e 1467), cause oggettive di giustificazione dell’inadempimento del conduttore (giungendo sovente a negare tale giustificazione: in ultimo Trib. di Biella n. 17 marzo 2021; Trib. di Pordenone del 8 luglio 2020; Trib. di Torino 2 luglio 2020; Trib. di Pisa del 30 giugno 2020; Trib. di Roma del 9 settembre 2020; Trib. di Alessandria del 18 settembre 2020).
Si segnala in particolare la decisione del Trib. di Biella.
Questo Tribunale, in particolare, ha respinto l’istanza del conduttore di ottenere una riduzione temporanea del 50% del canone di locazione. Secondo il Tribunale di Biella, difatti, assume centralità il primo comma dell’art. 1372 del Codice civile (in rubrica, “Efficacia del contratto”), che recita: “Il contratto ha forza di legge tra le parti. […]”.
Detta “forza di legge”, ad avviso del giudicante, precluderebbe in radice la possibilità di intervenire per riequilibrare le reciproche obbligazioni, anche in un caso come quello determinato dalla pandemia Covid19.
Lo stesso Tribunale ha giustamente osservato che la normativa emergenziale ha previsto la possibilità di rinegoziazione del contratto, ma soltanto per specifici settori quale, ad esempio, quello sportivo (art. 95 comma 1 del decreto legge 17 marzo 2020 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020 n. 17 così come modificato dall’art. 216 del decreto n. 34 del 2020 convertito in legge 17 luglio 2020 n. 77).
Il Tribunale conclude, quindi, affermando che “non può fare applicazione del c.d. criterio della buona fede integrativa al fine di addivenire a una rimodulazione degli obblighi negoziali a carico dei contraenti, salvo incorrere nella violazione dell’autonomia contrattuale delle parti, costituente limite insuperabile anche per il giudice”.
In conclusione, il quadro complessivo che emerge da quanto illustrato nei precedenti paragrafi è quello di una sostanziale incertezza che certamente non agevola il già precario equilibrio dei rapporti contrattuali segnati dall’emergenza pandemica. E in tale contesto la valorizzazione di sistemi alternativi finalizzati alla risoluzione delle controversie assume quanto mai ruolo centrale; in particolare, diventa fondamentale sottoscrivere una polizza di tutela legale a tutela per favorire soluzioni negoziali transattive stragiudiziali, che pur implicando sacrifici economici consentono di condurre ad una più rapida soluzione del problema, certamente da preferire rispetto all’avvio di dispute giudiziarie che non solo implicano la sopportazione di costi spesso non ripetibili ma tempi di decisione lunghi e notevoli incertezze sul loro finale esito.
Di Avv. Gian Paolo Maraini; Studio legale Carbone D’Angelo