In questo periodo particolarmente delicato è necessario seguire in modo scrupoloso tutte le misure e raccomandazioni anti covid-19 emanate dal governo; a volte queste norme possono essere fraintese e può esservi confusione anche tra chi deve farle rispettare: è quello che è successo ad un nostro assicurato con la polizza DAS in Famiglia che ha dovuto fare ricorso per una sanzione amministrativa ingiusta.
Il tè nel deserto. Potrebbe essere intitolato così il caso che vi raccontiamo oggi, la disavventura capitata ad un nostro assicurato, in compagnia di due suoi amici, multato per effetto dell’applicazione del regolamento comunale che ha recepito le recenti misure di contenimento del contagio emanate dal Governo.
Achille stava conversando con Doris e con Giosuè, tutti e tre seduti ad un tavolo, lungo la via principale del paese, in un plateatico attrezzato per la consumazione di cibi e di bevande. Improvvisamente, un funzionario pubblico in abiti civili si è avvicinato ai tre amici, ha esibito il proprio tesserino identificativo, ha richiesto loro le generalità anagrafiche e ha elevato una contestazione per violazione dell’obbligo di indossare il dispositivo di protezione anche in luoghi all’aperto.
«La mascherina va messa anche all’aperto e va portata sempre con sé»; «Se al tavolo non si è tra congiunti, e non c’è il metro di distanza, bisogna indossarla se non si sta mangiando»; queste le contestazioni dell’agente dell’ordine. A nulla sono valse le repliche dei tre amici, nonché del ristoratore intervenuto in loro difesa: «Ho servito un tè e alcuni pasticcini. Chiacchierano, sì, ma stanno ancora mangiando…».
«La mascherina ci vuole sempre se ci sono altre persone vicine, che non siano congiunti, tranne che ci si trovi in una situazione di “continuativo isolamento”. Recita così l’ordinanza del sindaco», la risposta finale del pubblico ufficiale, granitica, seguita dalla sanzione di 280 Euro.
Il ristoratore, ammutolito, rientra mesto nel bistrot, temendo anche lui una multa per inosservanza di qualche regola: dal distanziamento dei tavoli, alla profilassi per l’igienizzazione dei locali… Tutte norme scrupolosamente osservate. Anche gli altri avventori del locale, accomodati sulla terrazza all’aperto, spaventati, se ne vanno, compresi i tre sfortunati amici, che pensavano di aver fatto una cosa giusta ritrovandosi insieme per un momento di convivialità.
Chi ha ragione? Corretto il rigore in considerazione dei livelli di diffusione e gravità raggiunti su scala globale dalla pandemia, ma… legittimo anche l’interrogativo che sorge spontaneo: «Al cittadino toccherà fare affidamento al proprio senso critico per stabilire se un luogo abbia effettivamente le caratteristiche minime per non rientrare nell’obbligo di indossare il dispositivo di protezione?».
Qualche passante aveva, però, ripreso la scena. Nel paese tutti si conoscevano: uno scambio reciproco di testimonianze e di impressioni via chat, la percezione che, forse, quella sanzione era stata affrettata, conseguenza di uno zelo eccessivo, che non teneva conto del contesto complessivo.
Da qui, la decisione di Achille di impugnare la sanzione facendo ricorso al prefetto e chiedendo l’intervento di DAS poiché era assicurato con la polizza “DAS in Famiglia”.
I nostri uffici hanno avuto qualche iniziale perplessità: la materia è nuova, la situazione è problematica, si allargano le circostanze che prevedono l’obbligo legale di indossare i dispositivi di protezione, le denunce di sinistro sono numerose e spesso infondate ma… lo scritto difensivo allegato da Achille, che aveva raccolto le deposizioni degli altri passanti, descriveva una situazione a tratti surreale: un lungo bancone in cui si erano accomodate soltanto tre persone, sufficientemente distanziate, uno spazio ampio, arioso ed aperto, le tazzine e il vassoio con l’ordinazione… Come pretendere il rispetto di indossare la mascherina senza accordare al pubblico un tempo ragionevole per realizzare che il pasto è stato completato? Che si è finito di mangiare e non ci si deve attardare a chiacchierare con la mascherina abbassata? Le forze dell’ordine hanno sì il dovere di garantire il rispetto delle norme anticovid, ma quando e come si possono contestare le sanzioni amministrative che appaiono ingiuste?
L’avvocato incaricato ha presentato il ricorso facendo leva sul concetto di ragionevolezza e sulle finalità del provvedimento: evitare gli assembramenti, sia all’interno degli spazi che all’aperto, rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, ma anche osservare le linee guida anti-contagio previste per la riapertura delle attività economiche e produttive.
Il regolamento sull’obbligo di indossare la mascherina prevede un’eccezione: “I casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anticovid”.
Nel caso di specie, dalle foto e dalle deposizioni prodotte, risultava che tutte queste misure erano state rispettate: restava dubbia la questione della mascherina abbassata. Il nostro avvocato incaricato ha argomentato sostenendo che le forze dell’ordine hanno la facoltà di chiedere alle persone se portano con sé la mascherina ma – durante gli appostamenti eseguiti per intervenire in flagranza – l’infrazione contestata non può essere riferita a colui che per poco tempo abbassa la mascherina per consumare il pasto, ma a colui che decide con volontà consapevole di non usarla affatto o di non indossarla più.
Nel caso descritto, questa volontà di non usare la mascherina non c’era. Risultava evidente che i tre amici si erano intrattenuti a conversare, tra un tè, un caffè ed un pasticcino, reputando sicura la loro condotta e rispettosa degli altri clienti poiché erano rispettate le misure di protezione finalizzate alla riduzione del contagio (distanziamento fisico e igienizzazione).
A seguito del ricorso, la multa è stata annullata dal prefetto. Le argomentazioni dell’avvocato sono risultate persuasive ed Achille ha avuto ragione dei suoi diritti.
L’amaro è stato constatare, qualche tempo dopo, quando Achille era ritornato al bistrot per prendere un tè, e forse anche per scherzare un po’ sulla vicenda, che il plateatico all’aperto non c’era più e che il ristoratore, sfiduciato dall’accaduto, aveva preferito sostituirlo con un deserto di solitudine.
Questo articolo trae spunto da un caso reale, ma ogni riferimento è puramente casuale.