Un caso di circolazione stradale si è concluso positivamente per il nostro assicurato, accusato di omicidio colposo per aver investito un pedone, che – grazie all’intervento di un nostro avvocato DAS – è stato dispensato dal dibattimento processuale poiché il giudice istruttore ha ritenuto opportuno archiviare accogliendo le difese del legale dell’imputato.
In sintesi, il caso.
Odone Magliaferro, pedone, attraversa la strada mentre sopraggiunge il nostro Assicurato che, alla guida della sua vettura, tenta una rapida manovra di sterzo, ma non riesce ad evitare l’impatto con l’uomo, che resta travolto con esito, purtroppo, mortale. Anche l’Assicurato riporta lesioni, poiché l’auto, a seguito della brusca virata, si schianta su un muretto che delimita il ciglio della strada.
I parenti di Odone chiedono il risarcimento dei danni al nostro Assicurato.
L’intervento dell’avvocato DAS ha permesso di ribadire, in fase di udienza preliminare, alcuni principi già sanciti dalla Suprema Corte. La regola generale di cui all’art. 2054 del Codice Civile è che tutti gli utenti della strada (pedoni, quelli su due ruote così come sulle quattro) sono sempre tenuti ad un comportamento diligente e prudente che non metta a repentaglio l’incolumità degli altri nonché quella propria.
Non sussiste, pertanto, una presunzione tassativa ed assoluta di colpa in capo al conducente, ma soltanto l’onere di dimostrare di aver fatto il possibile per evitare il danno.
In particolare, la difesa DAS ha richiamato una regola procedurale nella determinazione del grado di colpa: la percentuale di responsabilità a carico del conducente viene ridotta progressivamente di tanti punti man mano che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del pedone.
L’avvocato DAS, anche grazie alla perizia cinematica che rientra nella copertura della polizza di tutela legale DAS in Movimento, ha dimostrato l’inesistenza di una causa concorrente con il comportamento incauto del pedone e più precisamente: la manovra di scarto disperata eseguita dal conducente per evitare l’impatto; la circolazione eseguita all’interno della corsia rettilinea di pertinenza della vettura; la velocità moderata del guidatore nel rispetto dei limiti; l’attraversamento da parte del pedone a quaranta metri di distanza dalle strisce segnaletiche; l’attraversamento al buio, di notte, con movimenti del pedone bruschi ed inattesi, rapidi ed imprudenti; che nel comportamento dell’Assicurato non si sia riscontrata alcuna infrazione alle norme del Codice della Strada e a quelle della comune prudenza.
Il sinistro si è concluso con il decreto di archiviazione a favore del nostro Assicurato poiché “l’accusa appare insostenibile in giudizio”.
Cadono anche le pretese risarcitorie nei confronti dell’Assicurato, mentre quest’ultimo ben avrebbe potuto agire nei confronti degli eredi di Odone per il risarcimento dei danni subiti (in primis, le lesioni fisiche).
L’oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di prevenirne i movimenti è stato il fulcro centrale della difesa fornita dall’avvocato, che ha fatto propri, ribadendoli, gli insegnamenti del Supremo Collegio.