Le modifiche al Codice del Consumo, in attuazione della più recente direttiva comunitaria, hanno introdotto nuovi diritti ai consumatori.
C’era una volta la postalmarket.
Nel portariviste e sui tavolini del salotto di casa, il catalogo della nota azienda, aveva rappresentato una presenza discreta, ma puntuale, in grado di influenzare consumi e tendenze.
Fu una rivoluzione nel mercato degli acquisti a distanza negli anni settanta.
Il Commodore 64 venduto insieme all’unità floppy disk (grande come un forno a microonde) ad un milione delle vecchie lire; il televisore Philips da 22 pollici (munito del “rivoluzionario” telecomando, che permetteva di girare i canali senza alzarsi dalla poltrona) delle dimensioni di un comodino; attempate attrici ormai “al viale del tramonto”, che ammiccavano sulle pagine della rivista indossando le prime pellicce ecologiche vendute senza essere prima provate.
In sintesi, le nuove regole comunitarie sugli acquisti on line hanno due obiettivi principali:
- assicurare al consumatore una scelta ponderata e consapevole quando effettua un acquisto on line;
- rafforzare l’informazione e la trasparenza sulla qualità e sui prezzi.
La ricetta postalmarket proveniva dal “lontano west”, dall’America, avanti anni luce rispetto a noi con i sistemi di vendita per corrispondenza, che non richiedevano l’ingresso fisico del cliente in un emporio.
In Italia, tuttavia, all’inizio, tale nuovo mercato appariva più come un “far west”, che come un sistema regolamentato e garantito. Nessuna facoltà di ripensamento, nessuna garanzia “soddisfatti o rimborsati”, nessuna certezza sull’esito delle consegne e sulla qualità della merce reclamizzata.
Negli anni ottanta, l’avvento delle TV commerciali e degli imbonitori reboanti avevano posto all’attenzione del legislatore il problema dei consumatori truffati da televendite fasulle ed aggressive: ancora una volta, merci che non arrivavano a destinazione, qualità scadente, nessun diritto di restituzione, ecc.
La vendita “a catalogo” fu il primo caso di regolamentazione contrattuale di acquisti che si perfezionavano a distanza. Ancora prima che il legislatore europeo intervenisse, aziende leader del settore si erano date un “codice” di comportamento ed offrivano il primo “servizio clienti” della storia, anticipando gli attuali modelli del commercio elettronico. Il successo fu immediato: la garanzia del prezzo bloccato per un anno (fino al successivo catalogo) in un periodo di forte inflazione (c’era ancora la “scala mobile”), aveva decretato il successo di queste imprese, che raggiungevano ogni paese della nostra penisola, ogni paese in cui vi era un ufficio postale e un vaglia da compilare e da sottoscrivere.
I tempi sono mutati, e il legislatore nazionale ha dovuto aggiornare il c.d. “Codice del Consumo” con il decreto legislativo del 2014 n. 21 attuativo di una nuova direttiva comunitaria (la 2011/83/UE).
In realtà, quello cha ha fatto il legislatore è stato un lavoro di traduzione normativa di un insieme di regole e di soluzioni già sperimentate dai giudici in via giurisprudenziale in applicazione del Libro IV del Codice Civile in tema di risoluzione del contratto per inadempimento. Tale normativa codicistica è, infatti, richiamata espressamente per quanto non previsto dalla novella comunitaria, operando una sorta di “chiusura” di completamento delle disposizioni innovative.
La regola generale è duplice: 1) c’è una parte contrattualmente più debole, che deve essere maggiormente tutelata (il consumatore) e 2) − in caso di inadempienze varie colpevoli da parte del venditore – deve essere attuabile una sorta di “remissione in pristino legale”, rimborsando integralmente il cliente delle spese sostenute a causa di un acquisto non soddisfacente (non necessariamente viziato).
La polizza DAS è intervenuta in modo efficace in un caso: l’acquisto di un elettrodomestico on line, perfettamente funzionante e di qualità, ma pervenuto tardi all’acquirente digitale, impedendo l’utilizzo della nuova cucina nei tempi che si era prefissato.
Cosa afferma la normativa al riguardo?
Viene fornita una nozione “allargata” di locale commerciale.
Per locale commerciale si intende non soltanto il locale immobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita su base permanente la propria attività commerciale, ma ogni locale mobile in cui si concludano contratti mediante qualsiasi mezzo di comunicazione a distanza.
La cosa interessante è che la norma in questione codifica un preciso diritto al risarcimento del danno. Il danno, in tali casi, potrebbe essere non solo quello di una scadenza non rispettata per causa colpevole del venditore “elettronico”, ma anche quella di un’occasione mancata. Pensiamo, ad esempio, ad uno sconto promozionale perso, cui l’acquirente avrebbe potuto beneficiare se avesse ordinato un prodotto della concorrenza anziché quello in questione non arrivato o consegnato troppo tardi.
L’art. 61 del citato decreto è rubricato “Consegna” e afferma che, salva diversa pattuizione delle parti, il professionista è obbligato a consegnare i beni al consumatore senza ritardo ingiustificato e, al più tardi, entro 30 giorni dalla conclusione del contratto.
Con il termine “consegna”, non si intende semplicemente che il venditore on line ha spedito la merce o consegnato la stessa al corriere o inviato comunque il colle al destinatario: la merce è consegnata solo quando entra nella disponibilità materiale e nel controllo del consumatore (comma 2).
Cosa succede se il venditore digitale non adempie all’obbligo di consegna dei beni nel termine pattuito?
Attenzione: il venditore non è immediatamente sanzionato. Fermo in ogni caso il risarcimento del danno a favore dell’acquirente, il compratore deve mettere in mora il venditore diffidandolo a consegnare la merce entro un termine supplementare. La concessione al venditore di un termine supplementare di adempimento è condizione necessaria per poter, in seguito, chiedere la risoluzione del contratto e rappresenta, quindi, una garanzia per il venditore che può recuperare il tempo perso (e salvare la vendita).
Essenzialità del termine ai fini della validità dell’affare.
La concessione dell’ “attenuante” del termine supplementare non opera (onere che grava sul consumatore, quindi) se il compratore on line ha informato il professionista, prima della stipulazione del contratto, che la consegna, entro una data determinata, è essenziale ai fini della validità dell’affare.
Allo scopo di garantire il rispetto delle disposizioni contenute nel citato decreto, opera una tutela amministrativa (ricorso all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: art. 66, co. 1 citato decreto) e giurisdizionale: la tutela giurisdizionale costituisce l’ambito di operatività tipico della polizza di tutela legale DAS.
In tutti questi casi (mancata consegna della merce, consegna dopo trenta giorni, consegna dopo il più breve termine fissato dall’acquirente, consegna dopo il termine essenziale), il consumatore deve essere rimborsato senza indebito ritardo di tutte le somme versate in esecuzione del contratto, il contratto è risolto “ex iure” e il compratore può chiedere i danni conseguenti al fornitore on line.
Nella voce di quantificazione dei danni “per mancata consegna colpevole della merce ordinata” rientra anche il c.d. “loss of enjoyment / loss of gratification” di conio nordamericano: il “patimento” cui è incorso l’acquirente per non aver fruito e goduto del bene in tempo utile, per l’aspettativa disattesa, l’affare sfumato, lo sconto sfuggito (Fonte: USLegal.com//definitions).
Tutto da provare, ovviamente, in base ai canoni usuali di quantificazione che… un buon avvocato incaricato da DAS saprà sempre ben valutare e far valere!